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Considerazioni sui “Numeri primi” di Rita Barbieri

Creato il 03 giugno 2015 da Lorenzo127

NUMERI PRIMI

di Rita Barbieri

Ammetto di non aver mai avuto un gran rapporto con la matematica….Tra amore e odio, la bilancia ha sempre virato, senza troppe incertezze, verso l’odio. I conti non mi sono mai tornati e i numeri, di per sé, mi sono sempre sembrati troppo rigidi: sbarre robuste dentro cui ingabbiare formule apparentemente semplici e concretamente complicate.

Tutto il contrario rispetto alle parole che, invece, ho sempre percepito come entità libere, fluide, mobili, fluttuanti corsi d’acqua percorribili in modi diversi e tutti creativi.

Le parole erano i continenti del mio mondo; i numeri forse solo alcune disparate isolette su cui approdare in caso di emergenza o per un atto di estremo coraggio. Su una di queste isole però, scoprii che abitavano i numeri primi.

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I numeri primi, nella loro gamma di specificità e particolarità, non nascondo che mi fecero un certo effetto. Mi affascinava la loro esclusività, la loro intrinseca capacità di non essere divisibili altro che per sé stessi e per uno. Mentre gli altri numeri potevano trovare molti modi per essere frazionati, divisi, scomposti e poi ricompattati, loro no: se ne stavano lì, tronfi e sicuri di sé nella loro interezza. O tutto o niente insomma. In più, erano anche prevalentemente numeri dispari e, dovendo scegliere, questi erano senza dubbio la categoria con cui simpatizzavo di più.

I numeri primi mi sembrarono per la prima volta, assolutamente interessanti. Forse perché descrivevano un modo diverso di essere numero: una maniera particolare di distinguersi dal resto, pur condividendo le caratteristiche basilari. Erano un po’ come le parole palindrome: un’eccezione che interrompeva e rendeva interessante uno schema altrimenti troppo ripetitivo e perfetto.

I numeri primi mi piacevano, decisi.

Forse perché anch’io mi sentivo (e mi sento ancora) un po’ un numero primo. Qualcuno di poco compatibile con il resto, che sa bastare a sé stesso. Qualcuno poi, che è dispari per natura: senza alcuna possibilità di scelta né di scampo. I numeri primi, spesso, sono solitari e erranti come l’ebreo del quadro di Chagall. Compaiono così, un po’ a random nella serie di numeri che tende a più infinito, come lo special di una canzone. I numeri primi sono la variazione alla regola ed è per questo che sono solidale con loro.

Mi piacciono le variazioni, i cambiamenti, mi piacciono le mosche bianche e le pecore nere. Mi piace ciò che è atipico, distinto, differente, alternativo, strano, originale. Mi piace chi colora fuori dai bordi, per crearne di nuovi. Mi piace chi, con un dettaglio fuori posto, racconta sé stesso e il suo modo di essere.

Perché ci sono davvero infiniti modi di essere diversi e di essere, appunto, numeri primi. Essi restano individuali anche quando sono in gruppo: sé stessi, assoluzione e condanna al contempo.

Tra loro non si cercano quasi mai ma, se qualche volta per sbaglio si incontrano, allora tirano un gran sospiro di sollievo: capiscono di essere primi ma non unici. Non soli. Basta scorrere un po’ avanti nella serie per scovare, nascosto in mezzo a noiose e ripetitive cifre ben meno interessanti, un altro numero primo. D’altronde la sequenza dei numeri è infinita, come l’elenco di tutte le possibilità possibili anche se poco probabili. Ecco, perfino la matematica non è una scienza del tutto esatta: prevede sempre una variazione allo schema. Per fortuna.

 

Rita Barbieri



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