Sono comunque convinto che, seppure le regole si sono fatte più stringenti, il contratto di collaborazione coordinata e continuativa a progetto rappresenta per l'azienda, in alcuni casi, una validissima alternativa ai contratti a tempo determinato. Vediamo allora quali sono gli aspetti salienti di questa modificata forma di lavoro flessibile.
- La prima importante modifica riguarda i requisiti del progetto che non può essere riconducibile ad un semplice programma di lavoro; deve invece prevedere uno specifico collegamento ad un risultato finale, poichè in mancanza di tale collegamento la costituzione del rapporto di lavoro sarebbe ritenuta illegittima. Il Ministero specifica, dunque, che nel contratto, deve essere indicata l'attività che il collaboratore sarà tenuto a svolgere al fine di raggiungere un determinato risultato e che tale risulatato, oltre a essere verificabile, deve essere idoneo a realizzare uno specifico interesse del committente.
- Il secondo aspetto riguarda una sottolineatura che il Ministero ha introdotto relativamente alle modalità esecutive del rapporto di collaborazione: le attività del collaboratore non possono essere solo esecutive e ripetitive, non prevedendo alcun apporto professionale e non prevedendo alcuna autonomia dal punto di vista operativo.
- Il Ministero ha infine ha stilato una lista di attività che, per le loro intrinseche caratteristiche non possono essere considerate riconducibili ad un progetto specifico e, quindi, non potranno diventare oggetto di un contratto di collaborazione continua a progetto. Solo a titolo di esempio citiamo: addetti alle pulizie, autisti, commessi, custodi, portieri, parrucchieri, magazzinieri, piloti, assistenti di volo, addetti ai call center. L'elenco è molto più lungo ma gli esempi danno una chiara idea di quale tipologia di attività richiederanno contratti a tempo determinato o indeterminato.