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Consigli ad uno scrittore (The Faith of a Writer- Joyce Carol Oates)

Creato il 30 luglio 2015 da Diletti Riletti @DilettieRiletti

Scrivi col cuore in mano.

Non vergognarti mai dell’argomento che hai scelto, né della tua passione per quell’argomento. Le tue passioni “proibite” probabilmente saranno il carburante della tua scrittura. Com’è accaduto al nostro grande drammaturgo americano Eugene O’Neill, furente per tutta la vita contro il padre da tempo defunto; come per Sylvia Plath e Anne Sexton, che hanno combattuto tutta la vita contro il seducente Angelo della Morte che le tentava con l’estasi del suicidio. Il violento istinto autolesionistico di Dostoevskij e quello di Flannery O’Connor per le sadiche punizioni ai “miscredenti”. La paura di Edgar Allan Poe di impazzire e commettere un’irrevocabile, indicibile azione –uccidere il figlio o la moglie, strappare gli occhi a uno degli “amatissimi” gatti.

La lotta con la tua –o le tue- identità sepolte produce la tua arte; quelle emozioni sono il carburante che muove la tua scrittura e rende possibili ore, giorni, settimane, mesi e anni di quello che ad altri –e da lontano- sembra “lavoro”. Senza queste marce misconosciute, potrai essere una persona superficialmente felice ed un cittadino più inserito nella tua comunità, ma è difficile che tu possa creare qualcosa di valido.

Quale consiglio potrebbe offrire uno scrittore più anziano ad uno più giovane? Soltanto quello che avrebbe voluto che qualcuno gli o le avesse suggerito anni prima. Non scoraggiarti! Non guardarti attorno di traverso paragonandoti ai tuoi pari! (Scrivere non è una gara. Nessuno “vince” davvero. La soddisfazione viene dallo sforzo, e raramente dai riconoscimenti che ne seguono, ove mai vi siano). E ancora, scrivi col cuore in mano.

Leggi di tutto, e senza scuse. Leggi ciò che vuoi leggere, e non quello che qualcuno pensa che dovresti leggere. (Come sottolinea Amleto “Non conosco dovrei”). Immergiti in un autore o un’autrice che ami, e leggi tutto quello che ha scritto, anche le primissime opere; prima che il grande scrittore o la grande scrittrice divenisse “grande”, o anche soltanto “valido”, procedeva a tentoni, armeggiava per acquisire una voce propria, proprio come te.

Scrivi per il tuo tempo, quando non soltanto per la tua generazione: non puoi scrivere per i “posteri”, non esiste. Né puoi scrivere per un mondo scomparso. Ti rivolgeresti – inconsciamente- ad un pubblico che non esiste; cercheresti di essere apprezzato da qualcuno che non ti apprezzerà e da cui non val la pena essere apprezzato.

Ma se non ti senti pronto a scrivere col cuore in mano – se ti senti inibito, imbarazzato, timoroso di ferire o offendere i sentimenti altrui – puoi provare una soluzione pratica scrivendo sotto pseudonimo. C’è qualcosa di meravigliosamente liberatorio, persino di infantile, nell’usare un “nome di penna”: un’identità fittizia data allo strumento con cui scrivi e non legata a te. Qualora le circostanze poi cambiassero, potrai sempre proclamare la tua identità di scrittore. Potrai sempre abbandonare il tuo io scrivente e crearne un altro.

I primi scritti sono di rado una benedizione: tutti conosciamo scrittori che darebbero qualunque cosa per non aver pubblicato il loro primo libro, e tentano in ogni modo di acquistarne tutte le copie esistenti. Ma troppo tardi!

Ovviamente, se vuoi che la tua vita professionale comprenda lezioni, conferenze, reading,  dovrai  avere un’identità di scrittore pubblica. Ma solo una.


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