Autore: James Joyce Editore: Vari Collana: Vari ISBN: Vari Anno di prima edizione: 1914
Da sempre è stato detto che la lettura di “Don Chisciotte” può farci ridere, riflettere oppure piangere a seconda della età in cui lo leggiamo.
A me è successo qualcosa di simile quando ho avuto l’occasione di leggere Dubliners (Gente di Dublino) di James Joyce. Mi ha colpito il grado di approffondimento psicologico raggiunto dall’autore nel ritratto dei suoi “Dubliners”.
Nonostante la Dublino attuale sia una capitale vibrante e cosmopolita che non appare assolutamente come la città chiusa e bigotta di Dubliners, essa conserva ancora il fascino del Novecento poiché i suoi bellissimi edifici georgiani e l’atmosfera dei suoi animati pubs continuano ad onorare l’immagine e lo spirito della vecchia Dublino mentre a noi ci fanno immaginare come poteva essere una volta.
In questo periodo di crisi (economica, politica, esistenziale…) in cui molti si chiedono se non sarebbe meglio lasciare la propria patria e cercare delle opportunità altrove (prima che si diventi troppo vecchi), si rendono molto attuali e prossime le vicende di questi Dublinesi: la paralisi sociale, il ricatto morale, la paura di partire e lasciarsi tutto alle spalle, l’invidia verso il successo ottenuto da chi è riuscito a fuggire e ce l’ha fatta…
Da quest’opera sottolineerei anche il fatto che Joyce aveva soltanto venticinque anni quando la scrisse: se facciamo un paragone, sono sicura che un venticinquenne di oggi non solo non sarebbe capace di scrivere un libro così maturo e profondo ma anche dubito che potesse coglierne tutta la ricchezza psicologica dell’opera.
Sono felice di non aver letto Dubliners quando avevo venticinque anni, poichè sicuramente a quella età neanch’io avevo il vissuto nè la maturità nè l’autocoscienza necessarie per poter condividere dal punto di vista intellettuale la epiphany o insight dei protagonisti dei suoi racconti.
Carmen Palomino (http://alifelonglearner.wordpress.com/)
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