Consulta contro Fiat sulla rappresentanza Fiom

Creato il 25 luglio 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online

Il palazzo della Consulta (thanks to Jastrow).

Illegittimo l’articolo 39 dello Statuto dei Lavoratori? Sembrerebbe proprio di sì, almeno da quanto sostenuto dalla Consulta il 3 luglio scorso. Insomma, un “vulnus” all’articolo che si spiegherebbe così: “Per il contrasto che, sul piano negoziale, ne deriva ai valori del pluralismo e della libertà di azione dell’organizzazione sindacale”. Una questione levata su dai tribunali di Modena, Torino e Vercelli per quanto concerne la contrapposizione fra la Fiat e la Fiom. Un contrasto che deriverebbe proprio dalla lettura dello Statuto dei Lavoratori. La stessa Consulta ha così motivato la sentenza, sottolineando pertanto l’assoluta illegittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 1 dello Statuto sopracitato: “Nel momento in cui viene meno alla sua funzione di selezione dei soggetti in ragione della loro rappresentatività, trasformandosi invece in un meccanismo di esclusione di un soggetto maggiormente rappresentativo a livello aziendale o comunque significativamente rappresentativo, sì da non potersene giustificare la stessa esclusione dalle trattative, il criterio della sottoscrizione dell’accordo applicato in azienda viene inevitabilmente in collisione con i precetti di cui agli articoli 2, e 39 della Costituzione”. L’articolo 2 della Costituzione, in fondo, come noi tutti per certo sappiamo, garantisce “i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali, mentre l’articolo successivo – ovvero l’art. 3 – difende l’uguaglianza dei cittadini: un’uguaglianza che si concretizza, per un aspetto, nella materia dell’articolo 39, dove si tutela la libertà di organizzazione sindacale.
Nella sostanza, la sentenza emessa dalla Corte Costituzionale su tale illegittimità prevede che il criterio relativo alla rappresentanza sindacale prenda corpo nella sottoscrizione di contratti collettivi di lavoro applicati all’interno dell’azienda. A giudizio della Corte, la suddetta rappresentatività dovrebbe essere riconosciuta anche a tutti quei sindacati che non hanno firmato i contratti, ma hanno del resto preso parte attivamente alle trattative. Di fronte a quanto sostenuto dalla Corte Costituzionale, la Fiat si è mostrata d’accordo a riguardare dal principio la propria strategia applicata in Italia.
La sentenza del 3 luglio scorso avrebbe di per sé riconosciuto un’intrinseca violazione dell’uguaglianza all’interno dell’articolo 19, comma 1, dello Statuto dei Lavoratori. Tale violazione si rivedrebbe là dove i sindacati “nell’esercizio della loro funzione di autotutela dell’interesse collettivo, sarebbero privilegiati o discriminati sulla base non già del loro rapporto con i lavoratori, che rimanda al dato oggettivo della loro rappresentatività, e quindi giustifica la stessa partecipazione alla trattativa, bensì del rapporto con l’azienda, per il rilievo condizionante attribuito al dato contingente di avere prestato il proprio consenso alla conclusione di un contratto con la stessa”.
Nella sentenza della Consulta, tuttavia, rincarando la dose in tema di illegittimità, si fa riferimento esplicito ad una “forma impropria di sanzione del dissenso”. In altri termini, una violazione in grande stile relativamente all’articolo 39 della Costituzione. Tale mancato rispetto del suddetto articolo, “inciderebbe innegabilmente, condizionandola, sulla libertà del sindacato in ordine alla scelta delle forme di tutela ritenute più appropriate per i suoi rappresentanti, mentre, per l’altro verso, sconta il rischio di raggiungere un punto di equilibrio attraverso un illegittimo accordo ad excludendum”.
Pertanto, di fronte ad un tale scenario di violazione dell’uguaglianza e di parziale o assoluta illegittimità – a seconda delle vedute – la Consulta ritiene che sia opportuno parlare di una “molteplicità di soluzioni”, prima fra tutte la “valorizzazione dell’indice di rappresentatività costituito dal numero degli iscritti”. Ma al contempo, si parlerebbe anche di un obbligo alla trattativa con quei sindacati che “superano una determinata soglia di sbarramento”. Insomma, un po’ come accade in Parlamento per i singoli partiti. Tuttavia, al di là della valorizzazione dell’indice di rappresentatività e del dialogo oltre una certa soglia di sbarramento, una terza soluzione praticabile secondo la Consulta, sarebbe “il rinvio generale al sistema contrattuale e non al singolo contratto collettivo applicato nell’unità produttiva vigente” per quanto almeno concerne l’articolo 19, che ha fatto particolarmente parlare di sé presso la Corte. In conclusione, dovendo saltabeccare fra una soluzione e l’altra, vista l’innegabile molteplicità, la Corte stessa ha ritenuto doveroso delegare la scelta direttamente al legislatore.
Sul fronte Fiat, tuttavia, sembra che non si possa ancora parlare di un’effettiva accettazione delle modifiche, così come non sarebbe opportuno pensare che la Fiat si sia dichiarata “sul piede di guerra”. Diciamo che, da quanto trapelato, l’azienda automobilistica torinese si dice disposta a valutare più da vicino le attuali correzioni, e una volta valutato il tutto prenderà le sue decisioni in materia. In buona sostanza, vuole prima conoscere l’interpretazione dei giudici e le conseguenze che deriveranno sulle relazioni sindacali.
L’urgenza di trattare da vicino e in maniera definitiva il problema della rappresentanza sindacale non è certo sconosciuta alla Consulta, la quale ha garantito che quanto prima il legislatore si pronuncerà in merito. Nonostante ciò, la Corte ha respinto le accuse rivolte di recente alla Fiat, poiché quest’ultima avrebbe di sé applicato solamente la legge. Violazione della Costituzione? Ora si lavorerà in materia. Il reato sembrerebbe non sussistere. Si aspettano le reazioni della Fiom.

Articolo di Stefano Boscolo


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