Nel marzo scorso uno studio pubblicato su “Journal of Medical Ethics” ha fatto il giro del mondo suscitando l’indignazione di chiunque. Ogni quotidiano internazionale ha condannato l’infanticidio, ovvero la pratica che attraverso questa pubblicazione veniva promossa. Il pensiero centrale dello studio è sintetizzato in questa frase: «uccidere un neonato dovrebbe essere permesso in tutti i casi in cui lo è l’aborto, inclusi quei casi in cui il neonato non è disabile». E ancora: «Se una persona potenziale, come un feto e un neonato, non diventa una persona reale, come voi e noi, allora non c’è qualcuno che può essere danneggiato, il che significa che non vi è nulla di male [...] non hanno diritto alla vita, non vi sono ragioni per vietare l’aborto dopo il parto».
Qualcuno leggendo queste proposte starà pensando che tali riflessioni arrivino da un gruppo esaltato di neonazisti o da seguaci dell’eugenetica illuminista. No, niente di tutto questo, gli autori sono due italiani – di nome Alberto Giubilini e Francesca Minerva- responsabili in Italia della “Consulta di Bioetica Laica” (dove “laica” sta ovviamente per laicista), promotori delle prelibatezze di questa cultura in ambito bioetico: aborto, eutanasia, testamento biologico, fecondazione assistita, suicidio assistito, ecc. I presidenti onorari di tale ente si chiamano Beppino Englaro e Carlo Flamigni (presidente onorario anche degli atei fondamentalisti dell’UAAR), mentre il responsabile ultimo è Maurizio Mori. Segnaliamo anche che i due ricercatori hanno ringraziato, alla fine del loro lavoro, Sergio Bartolommei, «per i preziosi suggerimenti in fase di redazione». Ovviamente quest’ultimo -dai consigli tanto etici- coordina la sezione pisana della Consulta di Bioetica.
Insomma, un vero autogol per i nemici della cultura cristiana, come è stato ben spiegato qui (addirittura su “New Statesmaa” si parla di “beffa pro-life”). Ancora di più quando il presidente dell’ente laicista, Maurizio Mori -nonostante la pioggia di insulti, minacce e accuse da tutto il mondo-, non solo è intervenuto in difesa dei suoi collaboratori (avanzando la divertente tesi della “libertà di ricerca”), ma ha a sua volta simpatizzato per la teorizzazione dell’infanticidio: «non si può, tuttavia, dire che la tesi sia di per sé tanto assurda e balzana da essere scartata a priori solo perché scuote sentimenti profondi o tocca corde molto sensibili».
In questi giorni la Consulta di Bioetica Laica è tornata sui quotidiani con una nuova campagna, chiamata “Il buon medico non obietta”, con lo scopo chiaro: debellare l’obiezione di coscienza dei medici. In molti hanno aderito entusiasti, spinti dalla tesi del giurista Stefano Rodotà, guru laicista, secondo cui «la possibilità dell’obiezione di coscienza dei medici andrebbe semplicemente abolita». Anche Emma Bonino, altra guru laicista, ha recentemente affermato che «in Italia c’è una malattia contagiosa, un’epidemia rapida che si chiama obiezione di coscienza». Un vero e proprio attacco alla libertà dei medici (in Italia l’85% e negli USA l’86%), diffuso da tanti quotidiani e in particolare su “Repubblica” (anche qui).
Per ora dunque si assiste a questo, la difesa della libertà arriva sempre dopo. Un plauso però al “Secolo d’Italia” che non ha voluto attendere, pubblicando un bell’articolo: «Il nuovo “nemico”: il medico obiettore», dove si scrive: «Dopo la giornata della famiglia e l’invito del Papa a non abortire, arriva la replica dei laici che non solo rilanciano sull’aborto, ma addirittura denunciano che in Italia il numero dei medici obiettori è in crescita [...]. Numeri che di per sé sono un buon segnale e indicano che nel nostro Paese c’è una grande sensibilità da parte dei medici a riconoscere il diritto alla vita. Senonché il dato viene letto in maniera negativa dalla Consulta di bioetica onlus».
Ci sarà tempo per confutare le banali tesi di questa intollerante crociata laicista contro la libertà e l’autodeterminazione dei medici, per ora era importante segnalare da quale pulpito è nata, ovvero da coloro che fino a pochi mesi fa erano per il mondo i nuovi promotori dell’infaticidio.