Magazine Diario personale
Ed eccomi qui a disintegrare definitivamente il guscio.
Still Words adesso ha un suo indirizzo.it ed è su Facebook, Twitter, Pinterest, Google+, Feedburner... Mi sono improvvisata webmaster: ho scritto stringhe di numeri, lettere, virgolette, trattini, senza sapere quello che facevo ma usando l'intelligenza; ho impostato le diciture corrette alle voci "host" e "CName" per il cambio di dominio (è ostrogoto anche per voi quanto lo è per me?); ho sofferto nel vedere che il sito per un po' non compariva online finché, come per magia (ok, niente magia quando ci sono sotto codici binari!), un bel giorno si è materializzato di nuovo nella finestra del mio browser.
Soprattutto, ho iniziato in prima persona a fare capolino nei social network che (ad eccezione di Facebook) finora sono stati per me mondi sconosciuti. Di sicuro sono io sconosciuta a loro.
Questa cosa dei followers, del pubblico, dei lettori... mi ha sempre un po' inibito e non solo per via della mia timidezza all'idea che qualcuno davvero legga: sono stata una grande snob per molto tempo, pensando che il mondo dei blog fosse solo una vetrina per mettersi in mostra, desiderando aumentare la propria popolarità per trovare lavoro o successo personale, senza essere particolarmente interessati a comunicare davvero con gli altri.
Ispirata da blogger che stimo, però, e si trovano su quasi ogni social network senza per questo essere superficiali o del tutto presi da se stessi, ho abbracciato la socializzazione online come fenomeno umano.
Adesso sono io la prima a rendersi conto che ci vuole qualcuno che legga quello che scrivo, altrimenti che senso avrebbe la comunicazione senza un feedback? Gli esperti del settore sanno che, in quel caso, non si parlerebbe neppure di comunicazione. Parlare da soli, scrivere e lasciare le pagine nascoste in un cassetto, non ha alcun senso: tanto vale stare in silenzio e ascoltare.
Perciò stavolta posso dire di avere accolto davvero tutti i modi che conosco e che ho qui, in questa lontana America, per sporgermi e toccare le persone (anche fosse solo la punta delle dita).
Con un'ispirazione di fondo: Aristotele diceva che l'uomo è un animale sociale, d'accordo. Ma il blogger (come chiunque altro comunichi con le parole) deve essere più di quello, deve essere umano: esprimersi con onestà e con l'intenzione di creare molto più di una società, ovvero una connessione reale frutto di una comunicazione neutrale.
Questo vado a pensare, socializzando anche fuori dal web: un dopocena a casa di una coppia British chiacchierando di Perù e altri viaggi imminenti e di cosa voglia dire far nascere e crescere un bambino (vegetariano) in un paese straniero. Una cioccolata calda d'arrivederci con un'amica che si trasferisce definitivamente e riduce il numero delle persone con cui ho legato più intimamente qui negli US a... due. Una visita ad una conterranea (cioè siciliana) neo-mamma e la sua tenerissima bimba, anche loro per destino temporaneamente americane, parlando di strutture sanitarie che funzionano ma dottori-robot che ti considerano un numero. Un bigliettino affettuoso dal Canada, da parte di una ragazza conosciuta lì durante un corso di yoga, per ricordarmi che le persone con cui c'è stato uno scambio autentico rimangono. Parole e abbracci proiettati oltreoceano, dove una cara amica (nonché consanguinea) con cui sono cresciuta e ho condiviso i travagli e le gioie della vita ha appena dato alla luce, esattamente con lo stesso dolore e immensa gioia, una bellissima bambina.
Connessioni, condivisioni, contentezza, ed ecco che affiora davanti ai miei occhi il bello dell'essere social: non avere confini. A prescindere dal grado di conoscenza e intimità, si può davvero entrare in contatto con le persone, quando si è se stessi.
In questi giorni di iperattività, la neutralità è stata messa a dura prova: la meditazione quotidiana, tanto per cominciare, è risultata più difficile. E la comunicazione con me stessa (e mio marito, il più vicino a me... dopo di me!) è stata frettolosa.
A volte è difficile fermarsi e semplicemente non fare nulla. Ma è così che funzionano quelle still words: si corre e anche velocissimo, ma si è abbastanza quieti dentro per vedere che stiamo correndo e per raccontarcelo onestamente, in modo da comunicare altrettanto in modo trasparente con gli altri.
Ho corso e mi è anche piaciuto. Dalla mia postazione, ora, fra notebook, iPad, iPhone, agenda, to do list ma anche appunti che ti ricordano le persone e un bigliettino d'amore da parte di mio marito... un bel respiro, e avanti tutta con neutralità.
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