Ieri, conversando con un amico impegnato politicamente e socialmente in una missione di promozione umana in Tanzania, a proposito dei risultati delle elezioni presidenziali a Zanzibar, sono venute fuori delle considerazioni interessanti, che ho piacere di riportare qui.
Come sappiamo dai "media" il partito di Governo del Tanzania ha stravinto a Zanzibar nella persona di Ali Mohamed Shein. E la cosa non ci meraviglia affatto. Semmai induce a riflettere.
Quello che dispiace dinanzi a certi risultati, infatti, è l'assenza di una opposizione costruttiva, che, anche quando ci fosse, possa riuscire a emergere.
Infatti l'annullamento delle precedenti elezioni era proprio legato all'intento di cancellare ogni possibile dissenso. Ecco, allora, parlare di brogli elettorali e di elezioni avvenute in un clima di grande confusione.
Che poi equivale a un cercato ritardo in quello che potrebbe essere, di contro, almeno l'avvio di un percorso democratico.
Il mio amico mi riferiva che i politici locali,nell'arcipelago di Zanzibar e ugualmente sulla terraferma, cioè in Tanzania, non hanno mai interesse a realizzare un dibattito politico pubblico come possiamo intenderlo noi. Meno che mai sui "media".
E né in tempi di elezioni,né in tempi di normale quotidianità.
Diciamo che essi annunciano, proclamano. Il popolo ascolta.Deve ascoltare.
Gli stessi giornalisti riportano le informazioni dopo aver ascoltato.
Insomma non esiste dibattito. Non esiste contraddittorio.
Eppure voci intelligenti di dissenso, girando e incontrando persone, ci sono.
E il mio amico, proprio per il genere di lavoro che fa, ha modo di constatarlo quotidianamente.
Ma se i governanti agiscono in maniera paternalistica e propongono tutto a cose già fatte ( le leggi o i provvedimenti legislativi in genere e, manco a dirlo, con molto autoritarismo) la Chiesa, almeno quella cattolica di cui abbiamo conoscenza, non è da meno.
Parliamo, in tutta l'Africa, di Chiese locali. Chiese figlie di quella evangelizzazione dei secoli passati portata dall'Europa. Da Roma in particolare quando non ci riferiamo al protestantesimo.
Le direttive in materia di pastorale e di orientamenti di natura teologica vengono per i cattolici,com'è noto, dalle Conferenze episcopali locali.
Ma ecco che i vescovi agiscono, e possono farlo, quasi sempre con un discreto margine di autonomia.
Pertanto il gregge (il nome è appropriatissimo) dei fedeli anche qui deve ascoltare, obbedire. Ingraziarsi semmai il prelato di turno per ottenere, in qualche caso, le briciole che cadono giù dalla sua tavola.
Non mai crescere proponendo e facendosi ascoltare. Pure se ne ha, in alcuni casi,tutti gli strumenti culturali per poterlo fare.
Vescovi e sacerdoti locali lungimiranti , in verità, ce ne sono pochi.
La maggioranza vive una condizione di comodo.Quella dell'essere un privilegiato rispetto al resto della massa,che spesso ha grossi problemi come, ad esempio, di come procurarsi un lavoro e di come dare da mangiare alla propria famiglia.
Ora questo dispiace e dispiace molto in quanto la formazione umana è anche nelle mani di persone come queste, che fanno, tranne le solite poche eccezioni, che per fortuna ci sono, molto poco o quasi niente perché la gente possa maturare e costruirsi un futuro davvero differente dall'attuale presente.
E questa è l'angolazione che abbiamo solo da parte cattolica.
Poi ci sono le Chiese protestanti con le loro denominazioni e c'è sopratutto l'Islam, che andrebbe studiato e conosciuto molto più di quanto non si fa.
Proprio per smetterla di parlare per luoghi comuni.
Concludendo la gente in Africa, con piccolissime differenze da Paese a Paese, da Governo a Governo, da Chiesa a Chiesa, non è messa, almeno finora, nella condizione di crescere.
E,anche chi se ne accorge,specie se fuori contesto per nascita, può fare poco.C'è nell'africano, pur con tutta la rabbia possibile in corpo, talora un atteggiamento inconsapevole di sottomissione, che(gli o le) deriva da culture, tradizioni e politiche di un passato più o meno remoto, che sono difficili da cancellare del tutto.
Hanno concorso a questo: le culture autoctone tribali senza dubbio, il colonialismo dei bianchi dei secoli scorsi, il neocolonialismo post indipendenze, una colonizzazione strisciante odierna e reale e lo strapotere, purtroppo, dei suoi attuali governanti.
Marianna Micheluzzi (Ukundimana)