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Conti Giuseppe, Firenze – Fiere, Rificolone e Ceppo – 1

Da Paolorossi

Firenze - Panorama con Orsammichele e Duomo in una foto tratta dal libro Firenze – Panorama con Orsammichele e Duomo in una foto tratta dal libro “Firenze” di Tarchiani Nello, 1878

Un’altra particolarità fiorentina erano le fiere che si facevano in varie epoche dell’ anno, in località diverse e di vario genere. Le prime eran quelle di quaresima, delle quali si è parlato a suo tempo; le altre cominciavano con quella dell’ Annunziazione, il 25 di marzo, che era uguale a quella del dì 8 di settembre, detta della Natività. Ambedue avevan luogo in Via de’ Servi e in Piazza della Santissima Annunziata, e principiavano otto giorni innanzi la festa.

In queste due fiere si smerciavano più particolarmente i pannilini, portati dalle tessitore dei pressi di Pistoia, che ne avevano quasi la specialità. Codeste donne grasse e fresche, tutte di una certa età, con la pelle ancora in tirare, rosse come melerose, che parevano tante fattoresse, disponevano i rotoli del panno sotto le Logge degli Innocenti e sulle gradinate. Era un vero divertimento il vedere la quantità della gente, che aveva aspettato quei giorni per fare acquisti, invadere la piazza e far quasi alle spinte per arrivar le prime, come se di quella roba non ce ne fosse per tutti !

Ma ci sono alcuni a cui par che manchi sempre il terreno sotto i piedi, e che non hanno bene finché non hanno portato a casa ciò che si son prefissi di comprare ed a cui avranno pensato anco la notte.

Curioso spettacolo era quello delle donne con le pezzuole gialle a fiorami al collo, e le pettinature alte, con una cipolla vera fra’ capelli sulla nuca per far la crocchia più grossa, srotolare il panno per misurarlo via via agli avventori, i quali dicevano loro, perchè non rubassero dalla misura :
« Non vi tagliate le dita »

oppure :
« Vi siete confessata, maestra? »

Col panno, facevano poi lenzuoli, tovaglie, asciugamani, salviette e fasce da bambini. Né meno curiosi erano i battibecchi sul prezzo, e l’aria compunta che prendevano, di donne sacrificate, quelle machione che la sapevan più lunga del diavolo. Nessuno però andava via scontento ; perché esse avevano una maniera da incantare. Una certa Coppini di Pistoia, soprannominata la Trogola, per furberia rivendeva tutte l’altre ; essa la sapeva far così bene, che non era possibile andar via da lei senza comprare.

L’ idea di risparmiare più che alle botteghe, comprando alla fiera, – idea, che, del resto, le massaie l’hanno tuttora – faceva fare ottimi affari a quelle donne, che dopo otto giorni se ne tornavano a casa piene di quattrini, dopo avere smaltito quasi tutta la mercanzia.

Coloro che credevano d’ aver fatto una bella chiappa – come si usava dire allora – e d’aver comprato tessuti soltanto di lino o di canapa, si trovavano spesso delusi ; ma non facevan come l’asino, che quando c’è cascato una volta, la seconda non ci ricade ; ci tornavano invece con più fiducia di prima.

Il requisito principale e per il quale venivan ricercati i tessuti delle fiere in Piazza della Santissima Annunziata, era quello – di cui tutti eran tanto gelosi – che il lino era filato a rócca e bagnato con la saliva. Dio guardi se una che filava, fosse stata vista inzuppar le dita nell’acqua invece di sputarci sopra!… la poveretta, poteva far conto di filare…. al deserto, perchè era così screditata, che nessuno le dava più commissioni.

Sotto l’altra Loggia, in faccia a quella degli Innocenti, si teneva la fiera delle terraglie, degli utensili da cucina, dei balocchi per i ragazzi ; primi fra tutti i cavallini di coccio col fischio…. all’ombra della coda!

Per la Via de’ Servi e’ erano i baroccini con gli spurghi delle botteghe: nastri di seta, vestiti di lana e di cotone, e ogni genere di manifatture.

Attorno al Duomo, dal lato di tramontana, i rivenditori esponevano mobilia di tutte le specie : armadi con la tinta a monti sopra; cassettoni col piano di legno che si rammentavano dei tempi del re Pipino; tavole, canapè e seggiole, che andavan via da sé ; treppiedi, gratelle, fornelli, carrucole, chiavistelli, toppe, chiavi, un ciarpame d’ogni cosa. Eppure vendevano anche quella roba ! I mobili specialmente andavan via a ruba, perchè non pareva vero a chi doveva metter su casa, d’ammobiliarla con poco, e di non esser subito…. soli! Così sentivan meno il distacco della famiglia!…

( Conti Giuseppe, tratto da “Firenze vecchia – Storia, cronaca anedottica, costumi (1799-1859)” , 1899 )


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