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Continuiamo a farci del male con la repubblica presidenziale

Creato il 02 aprile 2013 da Conflittiestrategie

La Carta costituzionale disciplina la formazione del Governo con una formula precisa: “Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri”.

In nessun articolo si legge che il Capo dello Stato individua dei saggi parlamentari ed extraparlamentari o, più verosimilmente, dei paggi quirinalizi, a lui devoti e rispettosi, affinché costoro, non si capisce bene dall’alto di quale scienza infusa o dall’addentramento in quale altra competenza esclusiva – evidentemente preclusa ai comuni mortali che dopo le figuracce di Monti e dei suoi professanti specialità non possedute risulta una ulteriore presa per i fondelli ai danni della collettività – mettano giù la cornice di una riforma degli assetti repubblicani, finora risultata impossibile per la riottosità irriducibile delle forze dell’arco politico.

Si tratta, del resto, di esponenti di quelle medesime compagini partitiche (o loro affini) che sino ad ora non sono giunte a niente e ci scommettiamo la faccia che nemmeno questa volta approderanno ad alcunché.

Si traccheggia per tirare fuori dal cilindro un altro “Presidente del coniglio” apprezzato dall’UE, dai mercati, dai nostri alleati stranieri, insomma un ennesimo roditore della patria gradito a tutti fuorché agli italiani, mentre nel frattempo ci si sconsola con quello vecchio, il Professore “Venusiano” della Trilaterale, che come un faro spento ha già attirato la nave Italia sui faraglioni della crisi per farla colare a picco.

Diciamolo pure, a questo punto, per molto meno, ma molto meno, Francesco Cossiga fu dichiarato matto da legare e da sbattere in cella con chiave da buttare. All’epoca, fu proprio la parte che adesso loda e si sbrodola per la creatività presidenziale a puntare il ditino contro il politico della DC, accusato di violare il dovere costituzionale dell’imparzialità ed estendere le proprie prerogative a danno di quelle di altri poteri dello Stato. In sostanza, venne attribuita a Cossiga una volontà putschista con l’apertura di una “crisi istituzionale gravissima”, volta a rovesciare la “forma di governo con mezzi non consentiti dalla Costituzione”. Mutatis mutandis non sarebbe mutato proprio niente rispetto alla nostra attualità, con la “minima” differenza che l’americano “Kossiga” era un amico degli Usa ma non un servo sciocco di questi.

C’era il riferimento a Gladio, la struttura clandestina “di risposta e salvaguardia” contro l’eventualità di una sollevazione comunista, ma in realtà si cercava di accelerare lo sfaldamento degli assetti statali, liberandosi delle vecchie querce del pentapartito, perché qualcuno, ben imbeccato da intelligence estere, aveva deciso di prestarsi al golpe di Palazzo, con azzeramento della I Repubblica la quale da lì a breve (Cossiga si dimette il 23 gennaio 1992 ed il 17 febbraio inizia Tangentopoli, con l’arresto del “mariuolo” Mario Chiesa) sarebbe crollata per gli avvisi di garanzia e gli arresti della magistratura e delle monetine lanciate dal popolo, sempre disposto, dopo avergli leccato il culo, a schiacciare il potente decaduto, dunque dispostissimo a sbagliare bersaglio sbaragliando se stesso.

Ora che la Repubblica Presidenziale, senza riforma costituzionale, costituisce un dato di fatto, un piatto pronto da far digerire al colto costituzionalista e all’incolto plebeo panciafichista, nessuno si lamenta del tradimento della “magna carta”, anzi si plaude alla trovata, alla sorprendente genialata di colui che ci regalò Monti Monti, con un’astuzia della sragione per la svestizione della nazione. Davvero complimenti, continuiamo a farci del male.

 

Giorgio Napolitano, un uomo accecato dal potere

di Ida Magli
ItalianiLiberi| 31.03.2013

   La cosa più strana, fra le tante cui abbiamo assistito negli ultimi anni, è l’esaltazione che viene da tutte le parti verso il Presidente della Repubblica. Gli osanna si levano verso qualsiasi cosa dica e faccia in maniera così servile e untuosa da umiliare i poveri italiani, costretti ad essere rappresentati da politici e giornalisti cortigiani della Corte più miseranda che esista. Ebbene, la realtà dice che Giorgio Napolitano, pervaso, come ogni uomo che detiene il potere, dalla sfrenata voglia di aumentarlo, a un certo punto ha abbandonato con un sonoro calcio le vesti di garante della Costituzione e ha cominciato a comportarsi da dittatore.

Con un colpo di stato ha messo da parte il governo in carica e ancora non sfiduciato dal Parlamento, chiamando il suo uomo di fiducia per dare il colpo di grazia a uno Stato sovrano che non si decide a morire, malgrado i frenetici sforzi di Bruxelles e di Francoforte per ammazzarlo. Chiama Mario Monti e contemporaneamente, con un altro calcio alla Costituzione che indica come meritevoli di tale nomina uomini che abbiano illustrato l’Italia per le loro opere, lo nomina senatore a vita. Tanto Mario Monti ha illustrato l’Italia con le sue opere che quando arriva è un perfetto sconosciuto per gli italiani. È però ben noto in Europa in quanto è stato costretto a dimettersi con la Commissione europea guidata da Santer prima della scadenza “per nepotismi, abusi e buchi di bilancio”, come recita la Gazzetta ufficiale europea. Comunque, in base a questa nomina, gli italiani gli pagheranno il suo ricco stipendio fino alla morte.

Del governo di Mario Monti e delle malefatte dei ministri suoi amici, sarà sufficiente ricordare l’incapacità del ministro Fornero a calcolare il numero degli esodati e i miserevoli risultati della riforma delle pensioni. Giorgio Napolitano, però, che parla ogni giorno con retoriche parole piene di finta saggezza, tace e non sussurra nemmeno in un orecchio al suo protetto che un ministro che sbaglia va dimissionato. Dopo di che: elezioni, capricci del super Mario che continua a governare, ad essere senatore a vita e che contemporaneamente forma una sua lista per presentarsi alle elezioni. Il saggissimo Napolitano non è contento ma continua a sopportare e, come niente fosse, una volta trombato alle elezioni, il governo Monti continua a governare i poveri cittadini italiani allibiti, con la clausola – dice Napolitano – del disbrigo delle pratiche correnti.

Le pratiche correnti? Come no? La decisione di rimandare in India i due Marò, “con il consenso di tutti i ministri” precisa con orgoglio Mario Monti, è una pratica talmente corrente che non è valsa neppure la pena di discuterla in Parlamento. Ma oltre al consenso di tutti i ministri c’è stato il consenso del Presidente della Repubblica, capo supremo della Magistratura e delle Forze armate e che non può non esserne stato informato. Del resto, se per caso questa decisione fosse stata presa senza avvertirlo, avrebbe dovuto sfiduciare il governo, cosa che non soltanto non ha fatto, ma non ha neanche preteso le dimissioni del ministro della Difesa in lacrime (come tutti i supremi ipocriti hanno la lacrima facile mentre ammazzano la gente i ministri del governo Monti: chi non ricorda quelle della Fornero mentre ammazzava i pensionati?)

E veniamo agli ultimi contorcimenti di Napolitano per imporre la sua volontà fino alla scadenza del mandato ed oltre, come ha ripetuto innumerevoli volte. Anche in questo osannato per il suo senso di responsabilità verso lo Stato e non, come sarebbe stato naturale per un qualsiasi politico, condannato per il suo attaccamento alla poltrona. È passato un mese e mezzo dai risultati delle elezioni. I “numeri” sono oggi esattamente gli stessi del giorno 22 febbraio. Ma Napolitano ha preso tempo, giorno dopo giorno, fingendo di attendere i risultati di Bersani e senza ascoltare la voce di Grillo che suggeriva di far cominciare a lavorare il Parlamento. Povero Grillo! Ci vuol ben altro che la ragionevolezza per far deviare la volontà di potere di un vecchio seguace di Togliatti. Voleva a tutti i costi essere lui a portare finalmente la povera Italia a dimostrarsi umile ed obbediente serva dell’Europa, essere lui a tenere ancora in piedi il governo Monti, essere lui, infine, con ultimo calcio alla Costituzione, in cui ovviamente non c’è traccia di tali istituzioni, a preordinare con Commissioni da lui nominate, il lavoro del Parlamento e del nuovo Presidente della Repubblica. Perché tutti l’applaudono? Questo non lo so.

Ida Magli
31 Marzo 2013


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