Generalmente ogni problema presenta almeno due idee di soluzione, opposte ma entrambe valide in termini ipotetici. Saper trovarle è il primo passo, ed è qualcosa che più o meno tutti riescono a fare. Quando però se ne sceglie una, come nel caso di Don Pizzarro, bisogna anche saper aggiungere qualche particolare più o meno pratico, perché altrimenti non c’è argomentazione alcuna a sostegno della scelta: “Compriamo le mele o le pere?” “Le mele” Perché?” “Perché le preferisco”.
Nel caso specifico, vorrei sapere da Don Pizzarro quali sono esattamente i canoni che ritiene utili per discriminare tra editoria meritevole e non meritevole di finanziamento pubblico. Ci dica dunque quale debba essere il numero di copie da vendere, quale la ragione sociale, quante le persone assunte, chi debba decidere e controllare. Sappia tuttavia che qualunque numero, percentuale o motivazione darà, le sue argomentazioni saranno facilmente criticabili o confutabili, perché “l’ostacolo che non si è ancora riusciti a scavalcare”, ovvero la discriminazione dell’editoria utile, non è semplicemente scavalcabile.
E mentre si cerca in tutti i modi di superare l’ostacolo, il mercato ha già risposto mostrando la stupidità del finanziamento all’editoria cartacea. Come? Semplicemente decretando la fine di quest’ultima. Se il Fatto Quotidiano appare una mosca bianca della carta, ebbene sulla rete esistono siti e blogs (ilpost, linkiesta, informarexresistere e centinaia di spazi autogestiti, compreso quello in cui scrivo questo commento…) che non hanno bisogno di finanziamento pubblico per poter vivere e informare. E sia chiaro che non è stato un governo o una banca ad imporli, ma i lettori, cioè il mercato.
Dan Marinos
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