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Contro il Cinema "Indie": uno sfogo in vista della recensione di "Ruby Sparks"

Creato il 14 dicembre 2012 da I Cineuforici @ICineuforici
Su questo blog ci siamo abituati a distinguere due filoni del cinema alternativo americano, e, non per fare i fondamentalisti, a lodarne uno e a distruggere (io spietatamente senza riserve, il Collega con miglior temperamento e moderazione) l'altro. I Cineuforici amano perdutamente i vari Anderson (specie Mattia), Baumbach (specie il sottoscritto), Jonze, Arononofsky e generalmente tutti quelli che, chi più chi meno, hanno flirtato o avuto lontanamente a che fare con quella mente illuminata che è Charlie Kaufman; e poi viene l'altro filone, che nel migliore dei casi non ci incanta, e nel peggiore detestiamo. Sto parlando dello stile Sundance
E' ora che dica la mia sullo stile sundance una volta per tutte.
Non so cosa c'è nel sundance che mi provoca tanto astio, ma divento maledettamente poco oggettivo quando vedo film che appartengono a questo filone. Ma il sundance è un filone? In origine no, anzi, all'inizio era solo un festival, fondato da quel vecchio grande Redford che volle incentivare gli autori emergenti americani schiacciati dalla macchina dei soldi hollywoodiana, e che bel festival quello che lanciò Jarmush, Tarantino e Soderbergh (e che premiò pure il primo dei fratelli Coen, Blood Simple: questo sì che è essere lungimiranti!). Cosa è successo allora? Il calo era già iniziato in realtà, ma nel 2006 arrivò Little Miss Sunshine e tutti pendettero dalle labbra dello stile frizzante e leggero, ma anche agrodolce, della coppia Dayton-Faris. Allora il film piacque anche a noi, e sarebbe stato meglio che si limitasse a piacevole eccezione del cinema americano come avrebbe dovuto essere; invece l'eccezione diventò la norma, e l'intero organismo-struttura Sundance cominciò ad adattarsi allo stile inventato dai due registi accelerando quello che è ormai il suo disastroso declino. 
Abbiamo quindi cominciato a vedere tutta una serie di filmetti prepotentemente "indie", una miriade di pellicole-furbe, ruffiane, accomodanti, finto-alternative destinate ad un pubblico di teenager, un pò commedia e un pò di serietà, ma poi ancora commedia perchè non vogliamo turbare nessuno, una situazione sentimentale come colonna portante, poi piazziamo qualche citazione colta qui, qualche nerd-itudine là, un pò di moda alternativa lì, il gruppo di tendenza qui, qualche elemento bizzarro che ci fa pensare "quanto è originale questo autore!", un cagnolino o una bambina dolcissimi che ci fanno sorridere come ebeti, la situazione drammatica che a un certo punto ci strizza l'occhio e ci ricorda che stiamo guardando una cosa seria, poi alleggerita per fortuna dall'amico un pò cazzone e un pò filosofo che si fuma le canne e beve birra snocciolando consigli sulle donne...vi ricorda qualcosa? 
So che mi odierete perchè molti amano questi film, ma cosucce come 500 Giorni Insieme, City Island, La mia vita a Garden State, Sunshine Cleaning, 50/50, Like Crazy sembrano fatte tutte con lo stampino. Parliamo di pellicole ultra-patinate, piacione, confezionate ad hoc, tanto più irritanti per il fatto di voler essere indipendenti risultando poi convenzionali e accomodanti più del filone mainstream da cui si vorrebbero discostare, dei veri trionfi di carineria, in cui tutti, dico tutti i personaggi sono carinissimi, mai nessuno brutto e cattivo, sempre stilosi, preferibilmente vintage, ammicanti, piacevolmente "complessi" e incasinati, bizzarri ma sempre seducenti, magnetici, mai che siano mai umanamente antipatici o vagamente reali, loro oppure le situazioni in cui si trovano. Qui parliamo di un mondo ai confini della realtà. Quello che un tempo era garanzia di qualità ora è ripetizione di stilemi e codici espressi fino alla nausea; e quelle cornici, quegli abbellimenti stilistici, quell'aria radical-chic, intellettualoide ma anche modaiola, tutto è fatuo, tutto è rassicurante, tutto è troppo, troppo troppo carino.
Stefano Uboldi

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