ancora un viaggio. ancora una meta che è solo una scusa per farlo un viaggio nuovo. per trovarlo un percorso da percorrere alla ricerca di nuovi sè, di nuovi se e di nuovi forse. cercarlo il modo per andarlo a trovare lontano quello che vuoi ti abiti nella testa. per pronunciarle in un'altra lingua le parole da scrivere nel tuo racconto, anche ripercorrendo vecchie strade con scarpe e pensieri inconsueti, se capita o se è necessario. e se inattesi rigurgiti di indigesti malesseri distraggono dal decollo, questo non vuol dire che la macchia sia indelebile nè che l'atterraggio non sia ugualmente garantito. perchè a viaggiare impari che quando lo cominci, quel viaggio lì, da qualche parte arrivi sempre ed è per questo che in valigia devi metterci solo una dose interminabile di leggerezza ed una indefinita di serendipità. perchè sono queste le uniche cose che servono, in quei viaggi con la meta nota e la strada sconosciuta: testa vuota e occhi attenti. è così che riesci a riempirti di momenti speciali. è così che trovi lo spazio per ricostruire la tua meta, con piccoli pezzi di nuovi modi di vederlo il mondo. con gli occhi di compagni di viaggio che ti guardano come tu non potevi sapere che ti avrebbero guardato: con sincronicità. con gli occhi di nuovi mondi che si accavallano al tuo riempiedolo di nuovo e di leggero. perchè il tempo senza tempo che scandisce il viaggio ti svuota del superfluo e ti lascia in mano e nella mente solo l'essenziale, quell'essenziale che non ha bisogno di storia perchè è fatto di momenti contestuali ed accidentali. e non ci sono parole per raccontarli i momenti come quelli, i momenti di quel viaggio nella città della birra nera, i momenti di risate e di nulla. quel nulla che ti fa sentire nel posto in cui dovevi essere esattamente a quel punto del tuo tragitto. il tuo tragitto, quello che ha fatto dei giri immensi per arrivare ad incastrarsi con quello di qualcun altro, con la voglia ed il bisogno di presenza che incontrano la voglia ed il bisogno di esserci in quell'assenza, di riempirla con quel sè che si sta portando in giro a conoscere la vita. e ne vorresti lasciare un po' di quel tuo te che stai allevando, barattandolo con quegli altri sè che in parallelo cercano proprie evoluzioni e personali adattamenti. tutto in un miniappartamento su un fiume irlandese con un camino finto ed una poltrona rotta, che diventa testimone di esplorazioni emotive e adattamenti cognitivi, diventa alcova di pensieri in perifrastica e conversazioni al futuro remoto. un miniappartamento con letti a castello e pensieri sussurati alla notte perchè il giorno non se ne accorga. e gli arrivederci al sapore di addio che ti mettono addosso la voglia di ripartire prima di arrivare, testimoni di una condivisione riuscita, di una magia argomentata, di una cura ritrovata.La cosa più pericolosa da fare è rimanere immobili.
William Burroughs



