COSTITUZIONE. Miracolosa. Sapete com’è: per l’intellighenzia democratica le leggi non servono a disegnare lo spazio della nostra libertà, non servono ad orientarci, così da sapere con chiarezza quello che non possiamo fare, ma per “risolvere i problemi”; problemi che di solito poi si risolvono da soli col tempo, col progresso, con la consapevolezza sociale. C’è un problema? Si fa una legge. C’è un problemino? Facciamo una leggina. Bisogna raggiungere un obbiettivo? Ci vuole una legge! Varare una legge è come innestare il pilota automatico: la nostra volontà si può prendere una vacanza, fa tutto lui. E così di leggi ne abbiamo fatte un milione – per questo abbiamo la fondatissima impressione che non ce ne sia nessuna – e, come si può constatare, hanno risolto quasi tutti i nostri problemi. La profondità della crisi ha fuso anche cervelli insospettabili: per un grande problema ci vuole una grande legge. Introdurre un tetto al deficit di bilancio nel sacro testo della Costituzione è diventato un must per tutti, dai socialisti che dovrebbero detestare l’obbiettivo ma avere la forma mentis per credere al mezzo, ai liberali che dovrebbero apprezzare l’obbiettivo ma non avere la forma mentis per credere al mezzo. Una volta introdotto, sono comunque convinto che non lo sfonderemo mai: lo dribbleremo.
CRESCITA. Ovvero le misure per la crescita. Significa che al paziente non viene permesso né di stare male, né di avere una convalescenza. Sta talmente male che non se lo può permettere. Deve camminare, anzi trotterellare. Ad una economia strutturalmente sana una sana recessione non può fare che bene dopo un periodo di sbronza. Si disintossica per poi riprendere a camminare con passo tranquillo. Se corre, diffidate: non basta la Gatorade. Che la crescita sia un imperativo è una bubbola, anche le stagnazioni o le aborrite recessioni – le quali, chissà perché, sono diventate una specie di crimine contro l’umanità – hanno una loro funzione, se prese dal lato buono. Solo che noi abbiamo un mucchio di debiti e per pagarne gli interessi dovremmo ricominciare a far soldi a palate, anche se non siamo neanche capaci di stare in piedi. Nell’attesa di ritrovare un po’ di forze, ci sarebbe un’altra soluzione: trovare qualcuno, che non sia uno strozzino, che ci compri l’argenteria, e allo stesso tempo stringere, stringere, stringere la cinghia. Siccome non ci garba, ecco che la “crescita” diventa un imperativo per tutti, dalla Camusso alla Marcegaglia, la pozione magica che tutto risolve.
EVASIONE FISCALE. Ovvero la caccia ai sabotatori. Che è tipica dei sistemi ritenuti perfetti. Il nostro lo è, fatto com’è da mille confraternite tutte indispensabili, intoccabili ed esenti da peccato, dalle confederazioni sindacali alle brigate rossonere. Se non siete negli elenchi di alcuna di queste tribù, in questo paradiso voi siete un clandestino. La più screditata delle confraternite è la classe politica. Per parare i dardi delle malelingue si è proclamata anch’essa innocente e si è risolta a dichiarare ufficialmente guerra ai kulaki. Io consiglierei agli evasori fiscali più cazzuti di non disperare. Vengano allo scoperto, si stringano a coorte, siano pronti alla morte, ma abbiano l’accortezza soprattutto di fondare un ordine, o un’associazione, beninteso “democratica”, scortata da uno stuolo agguerrito di avvocaticchi: son certo che anche per loro si troverà un posticino al sole. Anzi, un posto in prima fila, visti i mezzi.
MERCATI. Finanziari. Rigorosamente al plurale. Come “le mafie”. Per i più superstiziosi sono il regno dell’arbitrio, una piovra dagli innumerevoli, sottilissimi e quasi invisibili tentacoli che gioca col destino dei popoli e delle nazioni. Ma anche gli altri, cazzolina, quelli che ti spiegano che lo spread tra Btp e Bund decennali è passato da 317 a 320 punti a causa di uno scoreggia scappata a Gasparri, come vogliamo chiamarli? Sciamani?
RICCHI. Da tosare. Io non ce l’ho con loro, anche perché se per un caso straordinario fossi promosso tra le loro file conserverei la stesso giudizio che ho di me adesso: saggio, prudente, onesto, profondo, magnanimo, simpatico, franco. E modesto. Ce l’ho però con i più spregevoli della loro razza, i paladini della patrimoniale, il classico investimento in demagogia dell’aristocratico che pensa di usare il favore delle plebi per primeggiare tra i suoi. Prima di venirne, meritatamente, travolto.
[pubblicato su Giornalettismo.com]
Filed under: Economia, Giornalettismo, Italia, Umorismo Tagged: Costituzione italiana, Evasione fiscale