Ricordate le domande sul Piano Vino rivolte al governatore trentino lo scorso Venerdì Santo? Dellai le trovò pertinenti e scrisse che ci avrebbe risposto di lì a qualche giorno. E’ passato pure il giorno dei morti e ormai disperiamo anche per Natale.
Ricordate le ripetute bacchettate al Mella & C. per l’eccesso di autocelebrazioni e autoreferenzialità che avrebbero distolto e allontanano l’attenzione dai problemi veri? Siamo stati accusati di disfattismo. Per non dire delle domande, inevase pure quelle, rivolte al direttore-consulente dell’Istituto Trentodoc. Coraggio: ancora qualche settimana e avremo un’impennata di consumi che permetterà di tirar avanti. Ai soliti appuntamenti – se solo ci fosse un po’ di fantasia – si potrebbe aggiungere la festa della ri-creazione il 22 dicembre prossimo, dopo lo scampato pericolo per la fine del mondo annunciata dal calendario Maia. Ma tant’è, semmai lo copieranno altri, senza passarci le royalty.
Tutto questo e molto altro tornano alla mente pensando al deficit di trasparenza che permette a squali e squaletti di navigare in acque torbide. Certo che in Trentino non siamo malmessi come altrove, ma proprio perché diciamo di essere migliori dovremmo dare il buon esempio. Invece no, non sfruttiamo in positivo nemmeno le facoltà che l’autonomia ci assegnerebbe.
Nel caso, ad esempio dei controlli sui vini DOP/IGP imposti dalla UE, a livello nazionale si è preferito un modello caro ai potentati che, invece delle verifiche a campione, prevede controlli sistematici su tutte le partite lungo la filiera vite-vino. Con sottaciute “garanzie” e un business che supera il milione di euro, in barba al bisogno di ridurre i costi burocratici. A Trento, si era letto con enfasi, che l’organismo riconosciuto sarebbe stato il Consorzio di Tutela Vini. L’incarico, invece, se l’è preso la Camera di Commercio che ha quindi organizzato un sistema dei controlli affidandosi a consulenti vitivinicoli. Con la benedizione del Consorzio di Tutela che, pur continuando a chiamarsi tale, ha rinunciato al suo ruolo in cambio della promessa politica di vedersi assegnati i notevoli fondi a disposizione per la pubbli-promozione, anche se non è ancora attrezzato alla bisogna. Il know-kow che aveva fino a 12 anni fa è stato, purtroppo, disperso con la chiusura dell’Istituto Trentino del Vino che si occupava sia di tutela sia di valorizzazione.
Se questo scambio doveva fare chiarezza, siamo ancora lontani dalla trasparenza e i guai non sembrano finiti. L’attività di tutela che non aveva mai dato problemi, infatti, preoccupa i produttori anche per l’atteggiamento dei consulenti-controllori incaricati dalla Camera di Commercio. Non tanto e non solo per un’certo autoritarismo di chi si ritiene investito di superiore autorità (resipiscenza asburgica?), quanto piuttosto per il duplice aspetto di controllato e controllore che si prefigura. La consulenza aziendale privata, a prescindere da chi la fa, è inconciliabile con l’incarico istituzionale.
Al crepuscolo della seconda Repubblica e agli albori del terzo Statuto d’autonomia in Trentino non si dovrebbero più incrociare malumori repressi di produttori che temono ritorsioni. Ma dove siamo? Se contesti i tecnici della C.C.I.A.A., il controllo te lo fa il Servizio Repressione Frodi. Ok, ma il punto non è questo.
Il vulnus sta come sempre alla radice, nel modo distorto e strabico di affrontare i problemi. Dopo anni di attività pubbli-promozionale gestita e pagata dall’ente pubblico non si può che passare alla gestione e al co-finanziamento dei privati. I controlli, invece, dovrebbero stare in capo ad un ente terzo con imparzialità assicurata dal pubblico. Tutto il resto, abbiamo visto, è roba da apprendisti stregoni.