Conversazioni

Da Pamirilla
   

La mia prima sera, da sola, nella nuova casa. Il micio è agitato. Rumori e odori nuovi lo spaventano più di quanto lo incuriosiscano. Miagola, insegue mostri e fissa fantasmi che vede solo lui. Non trova pace. Attaccato ai miei polpacci segue ogni mio passo e, ancora, miagola. Non vorrebbe, per nulla al mondo, neanche dieci chili di pappa la migliore, rimanere da solo. Ma io ho un appuntamento e mi preparo per uscire. Ho lasciato Roma in fretta; non avrei dovuto essere qui già oggi ed è stato rocambolesco arrivare in tempo. In tempo per un appuntamento che non potevo mancare, che non volevo mancare. La notte, i fari in direzione contraria…vedo male: ho di nuovo dimenticato di accendere gli anabbaglianti?! La sera, la piazza vuota e le finestre illuminate: ho dimenticato anche di cenare. Incerta parcheggio, passeggio, svuoto quel poco tempo che avanza. Poi finalmente siedo nella sala del teatro. Dimentico le poche cose residue rimaste nella mia testa, si spengono le luci, entrano gli orchestrali ed inizia lo spettacolo.       Quel fiume che arriva sotto la mia finestra gorgogliando e cantando continuamente è un fiume antico e saggio, un fiume allegro e sorridente, sincero, potente. Il fiume etrusco, lo chiamano. È un fiume che racconta molte storie a chi vuole fermarsi ad ascoltare ed è lui che un giorno, tempo fa, mi chiese di restare. Questo fiume conosce segreti mai rivelati ad altri, custodisce, affidabile e saldo, i sogni ed i desideri dei tanti che glieli hanno confidati. Conserva attento l’attimo fragile di preziose intimità: turbamenti e lacrime di gioia, tristezza e nuove speranze, sbandamenti e rivelazioni. Anche le mie. Un giorno, sul fiume, Lorenzo scolpiva un viso nella pietra e raccontava così i suoi pensieri ed il suo cuore al fiume. Il cuore di Lorenzo era colmo di luci impreviste e colori brillanti. Sulle tele raccontava di città silenziose e cieli aperti come finestre spalancate. Raccontava di piedi nudi sull’erba e donne vestite di sole e purezza. Di angeli e di profumo di pane e soffio di vento. E nei suoi racconti spesso si ode, in sottofondo, la voce dell’acqua e del cielo. Quel giorno sul fiume, Orio incontrò Lorenzo che scolpiva un viso nella roccia e quel viso, le donne e le conversazioni, le città celesti e la luce di Lorenzo le fece diventare musica. Hanno preso voce per mezzo di lui, di Orio, perché ne ha cercato i suoni e la voce e l’incanto di parole solo pensate sono trasmutate in una danza lieve ed incantata come un raggio di luna.   Il fiume, nato dalla sua sorgente, comincia a camminare e non torna mai più indietro. Può solo crescere, evolversi, raggiungere la valle e quando ha saltato tutti i massi e salutato albero per albero è ricco, è pieno, è Vita, è Arte.   Questa storia l’hanno raccolta altri ancora, dopo Orio, e l’hanno raccontata di nuovo con un ulteriore linguaggio: dopo la musica sono arrivati il movimento, la fotografia, le immagini di Cristina e Gianluca. Il racconto di Lorenzo è diventato infinito, ha preso per mano ognuno che ha incontrato ed è tornato al fiume. Ecco cosa ho ascoltato nella sala buia di un teatro, la mia prima sera da sola, al mio primo appuntamento. Un racconto finito ed infinito, ancora aperto, consumato da lacrime e sorrisi, tornato al fiume in luci, immagini, suoni  che sussurrano lievi dell’incontro di Lorenzo con Dio ed i suoi angeli. Un racconto ancora senza parole perché parole non ce ne sono, parole non bastano. Io le ho cercate ma sconfitta mi sono arresa. Forse, se ce ne sono parole per tutto questo,  io non le so. Ma, infine, non importa. Non sono protagonista né spettatrice. Non sono fuori, non del tutto dentro. Sospesa forse, illuminata di certo. Vivo sopra un fiume che non smette di cantare e non torna, non può mai  tornare indietro. È quanto basta, per ora.         Lorenzo è andato via molto tempo fa. Il suo tempo è stato breve ma il suo racconto è vivo e vero sempre. Non volete  ascoltarlo? Vi lascio questo, vi lascio un dono che spero gradito. Trovate qui le luci ed i colori di Lorenzo  e qui brandelli di musica ed il toccante racconto di Orio (cliccate sulle immagini video). Vorrei trovaste il tempo e la pazienza di perdere voi stessi e la memoria almeno per un attimo e seguiste invece questo misterioso sentiero lungo il fiume. Per scoprire, magari, che ci siete dentro anche voi, in questo quadro. Vorrei che raggiungeste la mia mano tesa e le mie lacrime di commozione. La ricetta che lascio oggi è che la vita non è solo burro e l’Arte è davvero l’unica cosa che, sedimentando nella nostra anima, ci porta altrove e infinitamente lontano. Da dove non si torna mai più, mai più indietro.             P.S.: da qui ho poco collegamento, vi seguo in silenzio, quando posso, non dimentico nessuno di voi. Confido che non mi lascerete sola. Vorrei che nei commenti lasciaste solo un segno, la traccia del vostro passaggio, un’impronta. Vorrei che lo faceste come gli animali lasciano impronte nei pressi del fiume. Le parole non sempre servono.

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :