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Conversazioni con l’unicorno sull’amore

Da Ludovicopolidattilo

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L’unicorno bruca sillogismi
nel giardino delle inferenze valide.
È un fatto.

Assaggiò metafore
assaggiò allegorie
assaggiò paradossi
assaggiò le figure retoriche
consuete ai popoli estinti
responsabili dell’estinzione dei medesimi
assaggiò dita di piede di avvocato
assaggiò regolamenti condominiali
assaggiò nonni claudicanti al parco
l’istante prima dell’ischemia
assaggiò sigaro toscano classico
assaggiò volute di fumo di sigaro
assaggiò miscele endocrine
assaggiò frappè sgorganti da cornucopia
assaggiò lubrificanti ginecologici
assaggiò manuali di parricidio
assaggiò tre attrici superflue
assaggiò polvere di clessidra infranta.

Ma di sillogismi sapidi
scelse di nutrirsi
assaggiatili nel giardino
ove scelse di sostare
chiamatolo Mondo.

Innaffio e concimo sillogismi
giardiniere perpetuo
scopertosi mortale
quando lo scorgo brucare
interrotto saluta cordiale.

In giardino l’unicorno guarda in alto.
Come mattone di Tetris il cuore
(mai metafora: mero muscolo)
trasla dal cielo alla terra
(ambissimo alla chiarezza diremmo “cade”)
facciamolo dunque cadere questo mio cardio
verso l’unicorno che attende in giardino
per trafiggerlo di corno singolare.

Interrogare unicorni non spetta ai giardinieri
ma la circostanza è madida di senso
allora chiedo rispettando
il ritmo dell’eloquio gradito agli unicorni.
Trafigge il sopravvalutato muscolo affinché
compaia nella lirica deteriore
il biondo unicorno che fuma e beve sulla collina
e dice parolacce mutuate da Dioniso.

Al centro del petto del giardiniere
scopro piantato il corno singolare
in eterno.



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