Ho delle lamette in gola, un terribile mal di testa e una stupida tossetta che mi consuma fiato e anima. Sono depresso. Mi sento così infiacchito e inutile che nemmeno riesco a concentrarmi sulle cose che amo fare: come scrivere, per esempio. Dovrei concludere il dannato romanzo cominciato due anni fa, ma niente, sono privo di entusiasmo e di forze.
È mattina. Ho passato la notte in sala a tossire e in bagno a cagare acquetta. L'umore è quello che è. Lei si sveglia, mi raggiunge in sala, mi guarda rannicchiato sul divano mentre tossisco e mi abbraccio con impegno il cuscino, e pensa qualcosa di non troppo bello nei miei confronti, poi si siede al mio fianco. “Hai intenzione di andare da un medico?” Chiede. “Non ci sono la domenica mattina” rispondo. “Intendevo nei prossimi giorni...” “Domani mattina ci vado”. “Bene, e fatti dare delle cure naturali che con tutta quella roba chimica che ti sei preso negli anni, anche inutilmente, il tuo sistema immunitario non esiste più”. “Ok”. “Hai intenzione di stare qui sul divano tutto il giorno?” Chiede. “Non mi sento bene, non me la sento di fare altro” rispondo. “Stare all'aria aperta aiuta a guarire, sai che l'aria di casa è inquinata! Poi oggi è anche una bella giornata”. “Allora penso che metterò fuori il naso per un po'”. Mi guarda, si morde il labbro inferiore. Ho un pigiama orribile. “Se dimagrissi risolveresti la metà dei tuoi problemi” dice. “Sto dimagrendo a vista d'occhio” rispondo, ironico. “Hai smesso di bere e ti sei sgonfiato un po', ma non hai perso neanche un chilo” dice, perentoria. “Mi impegnerò a fare una vita più sana, allora”. “Sicuro, come no! Ieri appena ho portato in casa la spesa sei andato alla ricerca delle patatine”. Sto zitto, la conversazione mi sta affaticando. Lei guarda davanti a sé. Riesce a tenere il becco chiuso per una decina di secondi, poi riparte: “Potresti venire con me e mio padre a cercare i palchi per boschi la settimana prossima”. “Non ci penso proprio”. “Forse hai ragione, dopo se rimani indietro mio padre è capace di farti una qualche battuta e Dio solo sa come la prenderesti”. “Potrei tirargli una sassata in fronte, fino a prova contraria godo di un'ottima mira” dico. “Ma non dicevi che ti stava simpatico mio padre?” “Mi sta ancora simpatico”. “Non è vero, da quando l'altro giorno ti ha detto che 38,6 di febbre non è niente te la sei presa”. “Non nego che sia stata un'uscita che mi abbia infastidito, ma è una su tante”. “Ah sì? E quali sarebbero le altre?” “È un insieme di piccoli atteggiamenti di superiorità che mi infastidiscono, ma mi è rimasto simpatico comunque”. “Questa è buona poi, si possono dire un sacco di cose su mio padre, ma dire che abbia atteggiamenti di superiorità proprio no... La verità è che per te tutti hanno atteggiamenti sbagliati, tutti sono delle teste di cazzo, del falliti che meriterebbero la morte, degli stronzi che non capiscono niente. E riesci sempre a litigare con qualcuno quando esci”. “Non sono tutti delle teste di cazzo, ma non nego che la maggior parte lo siano, poi è un po' che non litigo con qualcuno”. “Non litighi con nessuno perché sono tre mesi che non esci di casa. Secondo me dovresti farti un bell'esame di coscienza”. Sto zitto, il fatto che lei non veda lo schifo che vedo io negli altri mi fa sospettare. “Io non ce la faccio più ad andare avanti così” dice. “Nemmeno io ce la faccio più ad andare avanti così” rispondo. “Bene, allora adesso prendo su le mie cose e torno dai miei” dice, con la voce rotta e con mancanza di originalità nella minaccia.
Uno dei più grandi problemi delle donne è quello di non sapere diluire le cose in più discorsi. E nemmeno sanno attendere il momento giusto per dirle.
La mia non è esente da questo difetto. Dioporco.
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