Copiare le opere del genio altrui si chiama plagio e la paura di subirlo o di esserne accusato è, secondo me, l'incubo più grande che un creativo possa avere.Quel copia e incolla furioso, che nel web non ha quasi alcun controllo, è quanto di peggio possa accadere a chi basa il proprio lavoro - e il proprio successo - sull'originalità. Peggio ancora ci sarebbe solo chi copia e ha più successo dell'originale, ma questa è un'altra storia.
Ma copiare la vita di qualcuno? Il modo di camminare, di muoversi, quell'aura con cui si appare al mondo?No, quello non è considerato reato e, anzi, i componenti del gruppo CC usano questo metodo come cura quando l'identità sbiadisce tra le troppe crepe dell'anima.
"Copia-e-incolla" di Danny Wallace (Feltrinelli) inizia in sordina, ma poi parla proprio di questo: CC sta per copia carbone ed è la formula magica e il balsamo per lenire le ferite di chi si è perso.
Quando ti perdi e non hai la forza di tracciare una strada nuova, forse l'unica cosa da fare per ripartire è seguire la strada tracciata da qualcun altro, per spegnere un attimo la testa e permettere alla mente di ricostruire un percorso che sia solo tuo, personale, originale a tal punto che a qualcun altro venga voglia di copiarlo.
Tom ha trent'anni e vive a Londra, dopo essersi trasferito da Brighton al seguito della fidanzata Hayley, lavora come giornalista radiofonico e ha orari impossibili. Un giorno torna a casa e trova un biglietto: "Tom, me ne vado, ma non ti lascio. Tu continua pure come sempre. Con amore, Hayley".
Sorpreso, disorientato, arrabbiato, confuso, Tom inizia a cercare ovunque una traccia che possa spiegargli perché quella che credeva essere la persona che più conosceva al mondo, in realtà era tutta un'altra persona. Giunge così al gruppo CC dove si scontra con una realtà che non credeva potesse esistere e, da quel momento, la sua vita cambia.
“Copiate,” ho ripetuto, senza trovare un senso logico.In un primo momento Tom non riesce a capire perché una persona possa voler copiare un'altra, ma poi si rende conto che, nonostante lo stia negando con tutto se stesso, anche lui ha perso la strada e l'unico modo per capire come andare avanti è, per il momento, farsi trainare dalla vita di qualcun altro. È così che Tom inizia a copiare, per farsi trascinare di nuovo all'interno della sua vita.
“Copiamo gli altri,” ha ripetuto. “Li seguiamo, e li copiamo. Copiamo gli altri.”
Andy annuiva piano.“Perché?” ho chiesto. “In che senso?”
“Vai a dormire,” ha ripreso Andy. “Ti alzi, vai al lavoro, torni a casa, e vai a dormire. Ogni sera mangi le stesse cose per cena e fai la spesa sempre nello stesso supermercato. Compri sempre le stesse cose e le mangi sempre nello stesso posto.”
“E allora?” ho replicato. “Lo fa un mucchio di gente.”
“Non intendo te in modo specifico. Sto parlando in generale. Quello che noi facciamo è aiutare a combattere tutto ciò. È facile cedere all’abitudine. Credere che il modo in cui vivi sia l’unico modo possibile.”
Ha sorriso, ha estratto un pennarello indelebile dal taschino e l’ha puntato fuori dalla finestra.
“Ma se esci là fuori e scegli qualcuno a caso...”
“Qualcuno che pensi sia come tu dovresti essere...” ha continuato Felix, all’improvviso.
“Allora forse imparerai a essere te stesso,” ha concluso Jackie, e io li ho fissati per qualche secondo, per assimilare la scena.
"Copia-e-incolla" è il secondo libro di Danny Wallace, dopo l'esordio con "La ragazza di Charlotte Street" che lo ha fatto conoscere come scrittore anche in Italia. Wallace, infatti, è uno dei giornalisti radiofonici, produttori e scrittori per la radio, la tv e il teatro più conosciuti e premiati d'Inghilterra e dal suo libro "Yes Man" è stato tratto il film con Jim Carey.
Sono stata attratta soprattutto dal titolo e dallo strano bigliettino riportato in quarta di copertina, ma poi la storia mi ha preso molto. La scoperta del significato del titolo mi ha portato pian piano a capire e poi, perché no, a condividere il punto di vista di questo bizzarro metodo di cura per l'anima. Ci sono alcuni brani molto divertenti, altri un po' più tristi, mentre su alcuni mi sono fermata a riflettere per un po', e forse ci sto ancora riflettendo su.
Perché, secondo me, chi è sicuro di essere già quanto di meglio possa diventare è proprio colui che sta commettendo l'errore peggiore, chiedersi se si può essere migliori e se si può essere migliori imparando dagli altri, è invece il primo passo per essere veramente e pienamente se stessi.