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Coppie gialle

Creato il 30 ottobre 2013 da Rivista Fralerighe @RivFralerighe

Da Fralerighe Crime n. 9

Da sempre, nelle storie, l’eroe protagonista ha bisogno di un contraltare per risultare il più coraggioso, il più forte, il più straordinario ed elevarsi al di sopra della gente comune. Anche nel giallo è così: tanto più l’assassino è astuto, senza scrupoli e abile nel celare le tracce della propria colpevolezza, tanto più l’investigatore sarà in gamba quando riuscirà a metterlo con le spalle al muro e lo consegnerà alla giustizia. È sempre la dicotomia che getta le luci radenti su un lato e l’altro della medaglia, facendole contrastare e quindi mettendole in mostra. Spesso però, nelle detective stories, c’è un altro contraltare che gioca un ruolo primario nella costruzione di una narrazione avvincente.

Elementare, Sherlock

Sherlock Holmes è un individuo dalla mente brillante, pronta ai collegamenti e al saper cogliere i dettagli, anche quelli più minuti che a un occhio meno smaliziato sfuggirebbero. Per contro, è indisponente, sarcastico fino all’essere caustico, annoiato dal mondo e dalle creature che lo abitano. Se Holmes fosse stato l’unico protagonista dei romanzi a lui intitolati, avrebbe avuto non poche difficoltà.

Coppie gialle

Robert Downey Jr. e Jude Law in “Sherlock Holmes” (2009)

La presenza al suo fianco di John Watson risulta indispensabile: il dottore è una creatura posata, educata e affabile, più lenta nel corpo e nello spirito rispetto al compagno in corsa costante. Attraverso la presenza di Watson scopriamo Holmes: John non è stupido, non è turlupinabile né inferiore a nessuno, nel tessuto sociale in cui la storia prende piede. Non più di quanto sia sciocco il lettore medio. Eppure è stupido rispetto a Holmes; è raggirabile quando Sherlock non lo è affatto, è scialbo quanto il suo compagno è eccentrico e sopra le righe. Nessuno, tuttavia, leggendo pensa che Watson sia uno sciocco, cogliendo bene lo spirito del personaggio attraverso la narrazione in prima persona. Si evince perfettamente, invece, quanto sia brillante Holmes, quanto sia intelligente, quanto sia tutto quello che un essere umano comune normalmente non è. Ecco qual è il vero ruolo del querulo Watson: far risaltare l’apocalittico compagno d’avventura. Un meccanismo elementare, ma quanto mai efficace.

Il mio signore e il mio “donno”

Questa è l’espressione che Archie Goodwin si diverte a usare per riferirsi al suo eccentrico, misogino, mastodontico datore di lavoro (per quanto “donno” sia un arcaismo derivato dal latino “domine”, cioè padrone, il doppio senso che ne deriva è comunque gustosissimo).

Anche per Nero Wolfe e Archie Goodwin vale quanto si è detto per Holmes e Watson: diversissimi, i due componenti della coppia si completano l’un altro. Wolfe è grasso, pignolo, amante delle orchidee e dei piaceri della tavola. Considera il lavoro un fastidio bello e buono a cui dedicarsi il minimo sindacale – e con la sua abile mente, per fortuna non gli è difficile – in modo da mantenere il tenore di vita a cui è abituato. Archie Goodwin invece deve per forza considerarlo a tempo pieno, dal momento che oltre alle normali occupazioni che competono il suo lavoro di segretario, è costretto a far fronte a ogni più piccola richiesta del dispotico detective. Tanto più quanto Wolfe è immobile e inamovibile dalla sua scrivania e dalle sue orchidee, tanto più l’atletico Archie deve correre da una parte all’altra della città per verificare indizi, prove e pedinare sospetti. Quello che risulta evidente e talmente gradevole da diventare uno dei punti forti dei racconti e dei romanzi di questo genere, è la tensione che si viene a creare tra i due compagni di lavoro. Due caratteri tanto diversi finiscono per entrare in collisione, scontrarsi su differenti punti di vista e spesso mettere in dubbio le convinzioni dell’altro. Non mancano scontri dialettici, nascono sfide verbali e volano frecciatine volte a stuzzicare ora il geniale detective, ora lo stanco aiutante.

Coppie gialle

@2012-2013 crfh-maritza

L’interazione, frizzante e fresca, risulta una delle caratteristiche più ricercate dai lettori negli episodi seriali, portandoli ad affezionarsi alla coppia e a seguirla nei battibecchi tanto quanto nelle ricostruzioni delle indagini, ritrovando il proprio affetto per i personaggi nell’affetto reciproco che essi stessi portano l’un altro.

Dalla stessa parte

Spesso il lato geniale della coppia si trova in difficoltà, troppo impantanato nel livello di congetture e di teorie che hanno stratificato le indagini e non riesce più a vedere la situazione obiettivamente. Se non ci riesce la mente abile, a mettere il colpevole con le spalle al muro, che speranza ha la povera spalla? Invece, quello che accade, è che proprio l’aiutante fornisce senza rendersene conto gli spunti decisivi per il rush finale.

Il lavoro in coppia allora non diventa solo divertente, ma anche necessario: davanti a un antagonista troppo grosso, il delitto che si cela nel mistero, gli eroi si stringono l’un l’altro per diventare più forti ancora.

Scilla Bonfiglioli



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