E’ la storia di Jin Hye Jo, nordcoreana di 24 anni, cresciuta da atea in un paese dove, ancora oggi, vigge l’”ateismo di stato” tra i più repressivi al mondo e ultimo nella classifica del rispetto dei diritti umani. Ha visto morire davanti a sé quasi tutta la sua famiglia. Sopravvissuta, ha incontrato Gesù e si è messa in salvo scappando negli Stati Uniti. Viene raccontata su Asianews.
Il periodo in questione è l’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, quando la caduta dell’Unione Sovietica e la relativa apertura al mondo compiuta dalla Cina bloccano di fatto gli aiuti dell’asse comunista a Pyongyang. La popolazione viene decimata e le famiglie, come quella di Jin, costrette a mangiare di tutto: dalla corteccia degli alberi al grasso crudo. Dopo anni di sofferenze, nel 1997 i genitori di Jin – Jo e Han – decidono di rischiare e attraversano il confine con la Cina, venendo arrestati al terzo tentativo.
Il padre sparisce nel nulla: “Più tardi verremo a sapere che è morto su un treno per detenuti, con le mani legate dietro alla testa, senza cibo o acqua per 10 giorni.” La madre di Jin viene invece picchiata selvaggiamente, ma graziata. Poco tempo più tardi è il turno della figlia maggiore “probabilmente finita nelle mani dei trafficanti di esseri umani”, del figlio minore e della nonna, morti a causa della carestia. “Ricordo ancora che, prima di morire, chiedeva di poter mangiare una patata” racconta Jin. Un anno dopo la polizia torna alla casa di Jin e caccia tutti gli abitanti: secondo la legge nordcoreana, infatti, i criminali vanno puniti “fino alla terza generazione”. Rimangono solo Han, la figlia Jin Hye (di 11 anni), Eun di 7 e BoKum di 5. Tutti insieme, partono per il viaggio di 100 miglia fino al confine.
Dopo aver varcato il confine, riescono a nascondersi in Cina. Camminando per la campagna, la piccola Jin sente un inno che non aveva mai sentito, un inno cristiano. Come ipnotizzata dalla musica si avvicina al gruppo di cristiani clandestini, entra in contatto con dei missionari e partecipa a scuole bibliche sotterranee. Scopre la grandezza del Vangelo e l’amore degli altri cristiani, decide di convertirsi. La madre Han, tuttavia, non vuole: “Mi disse che, se mi fossi convertita, non sarei stata più sua figlia. Ma Cristo mi chiedeva di avere fede in lui, e non si sbagliava”. Qualche tempo dopo, conosciuti i missionari cristiani, anche Han e la piccola Eun si convertono. Dopo 10 anni di vita clandestina in Cina, la famiglia riesce a ottenere lo status di rifugiati politici negli Stati Uniti e ora vivono in America. Jin vuole divenire una missionaria: “Prima o poi la Corea si riunirà, e io voglio portare la buona novella di Cristo a tutti i miei fratelli”.
Oggi in Corea del Nord ogni parrocchia ha dai 200 ai 400 battesimi di convertiti dal buddhismo all’anno, ogni anno ci sono 130-150 nuovi sacerdoti. La Pasqua di quest’anno è stata celebrata con 114 battesimi adulti.