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Sì, perchè Corpo Celeste è senza dubbio la più bella opera prima italiana che ci sia capitato di vedere negli ultimi anni, e l'accostamento alla cinematografia di Olmi è ovviamente un complimento: il film infatti sorprende per la maturità, il rigore e la delicatezza con le quali viene raccontata una storia che parla di emigrazione e integrazione, di religione e laicità, di un 'profondo sud' terribilmente disastrato e ancorato al passato, con toni nient'affatto da cartolina.
In Corpo Celeste si parla di Marta (una straordinaria Yle Vianello), ragazzina tredicenne che dopo aver vissuto per dieci anni in Svizzera torna con la madre e la sorella maggiore nella natìa Calabria per ricevere la Cresima. Il film descrive con l'inquietudine e lo spaesamento tipici della pubertà l'autentico choc che la piccola è costretta a subire a causa del trasferimento in una terra così lontana e, ahimè, così retrograda rispetto a quella dove è cresciuta. Attraverso lo sguardo disincantato (e spietato) della pre-adolescenza, le immagini ci mostrano l'allucinante realtà ignorante e 'trash' di una terra (e della sua gente) ancora ancorata a rituali antichi e obsoleti, dove la figura del 'prete' è sempre ritenuta centrale e determinante per tutta la comunità: e poco importa se il parroco locale (Salvatore Cantalupo, anche lui bravissimo) è in realtà un essere meschino, che ambisce solo al trasferimento in un altra città e si occupa soprattutto di far vincere le elezioni al candidato locale, gestendo il voto di scambio.
Va subito detto che la Chiesa e le istituzioni ecclesiastiche qui non fanno proprio una bella figura. Ma sarebbe davvero sbagliato e superficiale etichettare Corpo Celeste come un film 'anticlericale'. Perchè non lo è: ad essere messo sotto accusa nella è soprattutto il 'sistema Sud', un insieme di tradizioni, usi, costumi, modi di essere e ragionare che, inevitabilmente, girano tutti attorno alla parrocchia e al mondo cattolico: solo che si tratta di un mondo terribilmente antico, totalmente scollegato dalla realtà e assolutamente incapace di recepire lo scollamento tra i fedeli e la religione. Nelle stanze dove si insegna il catechismo, o meglio, dove si dovrebbe insegnarlo, vige solo il festival del cattivo gusto: la dottrina di Cristo impartita come un quiz televisivo, canzoncine religiose 'moderne' fatte imparare a suon di karaoke, e soprattutto la dis-umanità di una comunità dove l'oratorio è l'unico luogo per socializzare e farsi nuovi amici.
Ma quando la piccola Marta, per cause che non vi stiamo a dire, viene trascinata dal parroco in un paese abbandonato per 'rubare' un crocifisso, l'incontro con il suo unico abitante, un prete matto e 'resistente', le farà finalmente aprire gli occhi e restituire dignità e speranza a quel Sacramento che si appresta a ricevere.
VOTO: * * * *
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