I negozianti milanesi che affidano
ai writer le loro saracinesche
«Meglio un dipinto degli scarabocchi»
Si sono consegnati agli artisti per liberarsi dei vandali. Volete le nostre cler ? Sono vostre, trattatele con cura. La tecnica: spray su alluminio ondulato. I soggetti: favole, scene di quartiere, personaggi da fumetto. E un giorno, chissà, i turisti finiranno in gita dall'estetista o dal cartolaio per ammirare la loro saracinesca... Dietro questo strano «museo di arte pubblica a cielo aperto» ci sono mesi di abboccamenti, trattative, amicizie. Ne è uscito un patto per il decoro. L'idraulico «Albiero», il forno «Fichera», la caffetteria «Papaveri e Papere», la sartoria «Cento fili»: venticinque negozianti, un pezzo di città periferica, sono il laboratorio del più grande esperimento di riqualificazione urbana in corso a Milano. Le saracinesche abbassate, per una volta, sono un segnale positivo. I commercianti si sono alleati con i writer . La speranza è che una serranda già decorata venga risparmiata dai segnacci vandalici delle altre bombolette. La domanda è: funzionerà?
Le saracinesche affidate ai writer L'hanno battezzata operazione «Cler», e non c'era parola più milanese per definirla (così si indicano le saracinesche). L'idea è venuta all'associazione Art Kitchen, una delle anime della scena alternativa in città. Elisa Rossi è la presidente: «Usiamo le saracinesche dei negozi come tele per far dipingere artisti contemporanei e dare a chiunque la possibilità di guardarli, fotografarli e goderne liberamente». L'idea è stata portata nei quartieri a Sud-Ovest della città, fino al Giambellino del Cerutti Gino. Ha fatto presa. Il Comune di Giuliano Pisapia ci ha messo il patrocinio: «È un'iniziativa utile - riflette l'assessore alla Cultura, il musicista Filippo Del Corno - perché con il talento e la creatività si rende bello e significante ciò che diversamente sarebbe grigio e anonimo. E intelligente: perché consentendo di lavorare su spazi leciti, in accordo con i proprietari, si promuove una cultura dell'arte lontana da vandalismo e sfregio. Legalità e libera espressione possono andare d'accordo».
Milano è la città che ha messo in mostra la street art (al Pac, era il 2007), che vive di comitati antigraffiti e processa le crew (i gruppi di writer) per associazione a delinquere. Difficile orientarsi. Chi sono i buoni e chi i cattivi? Gli imbrattatori? I talenti? Nella squadretta di «Cler» ci sono artisti noti e allievi che cresceranno. Ivan (Tresoldi), 32 anni, ha appena festeggiato dieci anni di assalti poetici (con una sola denuncia per danni): «Il mio ambito d'intervento è unico. Il conflitto sui temi e sulle pratiche. Legalmente, o illegalmente, non mi nascondo: ci metto la faccia. Sono un brigante? Ci sono i miei versi nelle nuove Smemoranda e l'altra sera ho lasciato scaglie di rime a San Siro, ho collaborato con la pediatria del Fatebenefratelli, i partigiani, i rom, i carcerati».
Pao, alias Paolo Bordino, si fece notare con i pinguini sui paracarri. Sono passati anni. Ora lui ne ha 35, moglie e due figli, l'arte non è più svago, ma professione: «Ho meno tempo per le scorribande notturne - sorride - ma la filosofia è la stessa. Il bello prescinde dai permessi. Ma il dialogo con le istituzioni può aprire nuovi spazi e aggiungere valore estetico, sociale e politico all'arte pubblica». Daniele Bros Nicolosi è un altro big del movimento: «Chi è partito da lontano oggi è più pittore che writer. La ricerca di qualità ha un po' vanificato la freschezza dell'opera».
La scena indipendente, talebana e ribelle, si manifesta ancora sui muri e nelle gallerie del metrò. Critica, e più spesso cancella, i pezzi dei writer «venduti» al mercato. Oppure cambia registro. Fra.Biancoshock si nasconde sotto un cappuccio e propone installazioni, performance e provocazioni: «La città è il luogo dove ognuno di noi ha il diritto, e a volte il dovere, di lasciare un contributo per migliorarla». Gli irriducibili si riconosceranno in questa massima del bretone Clet Abraham, 46 anni, «italiano» dal 1990, l'artista che trasforma i cartelli stradali con gli adesivi: «Voglio dimostrare la relatività dell'autorità, non siamo qui per obbedire, abbiamo capacità di giudizio, il minimo sarebbe poterla sfruttare». Abraham è sotto processo a Pistoia.
Armando Stella