Corso base da Mahout a Chiang Mai: secondo giorno
Se il buongiorno si vede dal mattino, ho proprio l’impressione che questa seconda giornata all’Elephant Camp sarà spettacolare!
Non mi capita spesso di dormire ai margini di una foresta, con un ruscello che scorre accanto e il rumore di rane e uccelli a cullarmi nel sonno. Di per sé questo è già un quadretto ai limiti del paradisiaco al quale s’è aggiunta una ‘security guard’ d’eccezione a rendere il tutto ancora più speciale!
Sveglia all’alba, colazione abbondante e via di nuovo ai box per le pulizie mattutine, prima che altri turisti arrivino al campo. Gli elefanti sono già a passeggio con i loro quan chang e in tutta la valle c’è una pace surreale.
Chiedo a Den cosa prevede il programma di oggi e lui, sempre sorridente, risponde con una sola parola: Paa - ŕ¸›ŕšˆŕ¸˛ - ovvero foresta.
La porta verde laggiù in fondo è della casetta dove ho dormito
Una risposta disarmante visto che tutto attorno a noi non c’è altro.
Sorride di nuovo e ci invita a spruzzarci abbondantemente con il repellente per le zanzare. Trascorreremo un’intera giornata nella foresta per capire cosa fa un quan chang quando il suo elefante non lavora.
La risposta è scontata, a dir poco banale: riposa!
Riposa mentre il suo elefante mangia libero nella foresta. Ovviamente lo tiene d’occhio e controlla non faccia danni andando a mangiare il raccolto delle coltivazioni di qualcuno
Con grande sorpresa ci viene assegnato uno dei 2 esemplari maschi del campo, un vero gigante se paragonato alle femmine: oltre 4 tonnellate di peso e alto più di 3 metri.
Usciti dal campo e superato il villaggio -anche se non so se 5 case e un tempio possano essere considerati tali - ci addentriamo subito in una fitta foresta. Sul dorso dell’elefante ci stiamo comodamente in 3. Comodamente per i primi 20-30 minuti perché per noi che non siamo abituati dopo diventa una sorta di tortura stare a cavalcioni sul dorso di un pachiderma. Ogni volta che il nostro amico a 4 zampe decide di fare uno spuntino restare in equilibrio diventa difficile e impedirgli di sradicare un albero di banane (non le banane in sé ma proprio tutto l’albero) è praticamente impossibile.
Il tragitto è per fortuna breve.
Per il resto della giornata il nostro elefante se ne starà tranquillo al pascolo, ingurgitando quei 200 kg di vegetali che lo sazieranno fino al rientro al campo - dove ovviamente non rifiuterà una razione extra. A noi non resta che godere della foresta!
Per prima cosa accendiamo un fuoco - rischio di incendi nullo visto che la stagione delle piogge rende tutto umido e ci aspettiamo un temporale prima del tramonto.
Poi ci addentriamo ancora di più alla ricerca di acqua potabile.
Un quan chang vive in simbiosi con la foresta. Fin da giovane impara a muoversi con disinvoltura usando il machete per farsi largo fra la fitta vegetazione, apprende come realizzare utensili con quanto la natura gli mette a disposizione, per cui una foglia si trasforma in bicchiere e una canna di bambù in una pentola dove far bollire l’acqua, e approfitta di frutta e vegetali raccolti al momento per preparasi da mangiare.
La foresta è per il quan chang l’habitat naturale e vedere un 16 enne sorridere per la banalità delle mie domande mi ha fatto capire che neppure in 3 mesi (e non i 3 giorni che alla fine mi sono potuto concedere) riuscirei ad assimilare tutte le nozioni che queste splendide persone acquisiscono fin da quando sono bambini.
Torniamo al campo che inizia a diventare scuro. Rientrando chiediamo a Den di poter prolungare il soggiorno di un’altra nottata - inizialmente avevamo optato per 2 giorni/1 notte - e cosĂŹ, dopo una doccia al volo, eccoci nel tempio del villaggio a ringraziare per la bella esperienza! E domani sarà un altro giorno…
La Thailandia è piena di trappole per turisti ed è ancora carente di un turismo ecosostenibile - spetta noi fare le scelte giuste, o quantomeno provarci!Andrea in Thailandia