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Cortesie per gli ospiti – La crudeltà è servita

Creato il 08 gennaio 2014 da Mrsfog @tulipano_bianco

Cortesie per gli ospiti – La crudeltà è servita

Vi capita mai di continuare a leggere un libro anche se vi sta angosciando e sentite il disagio insinuarsi sottilmente sotto il plaid che avete amorevolmente predisposto per la lettura?

A me è capitato con Cortesie per gli ospiti. E conferma la mia opinione, già intuita con Miele, che Mc Ewan sia uno scrittore abilissimo ma perfido.

Senza alcuna pietà per il lettore, usa tutta la sua arte per tenerci incollati alla pagina, anche se non vorremmo fare altro che chiudere e dimenticare quello che abbiamo appena letto. Ma non possiamo. Nessuna delle due.

Intendiamoci: le storie sdolcinate non sono il mio genere, apprezzo una visione realistica e disincantata della natura umana, non per niente adoro la sottile malvagità della Nothomb. Ma in questo romanzo non c’è rispetto dei sentimenti del lettore, la crudeltà traspare fin dalle prime pagine e si riversa fuori dal libro, quasi soffocandoci.

Cortesie per gli ospiti – La crudeltà è servita

Italia. Una giovane coppia di turisti inglesi affronta con indolenza un mese di vacanza in una famosa città d’arte. Non se ne dirà mai il nome eppure il suo profilo emerge inconfondibile tra i caldi vapori estivi. L’inizio della narrazione è lento, sembra non riesca a distaccarsi dai due turisti, ne descrive morbosamente abitudini carnali e mentali. Poi l’incontro. Una figura losca ma affascinante, che repelle eppure attrae. Una tela di ragno che si sviluppa attorno ai due giovani e al lettore. E non lascia scampo. In un crescendo di tensione che sfocia in un grido di orrore. Il nostro.

Racconto magnifico eppure orribile allo stesso tempo. Come può essere solo l’animo umano.

Cortesie per gli ospiti, Ian McEwan, The comfort of strangers (1997)


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