Sono entrata fiduciosa: i capi, qui, si vendono "a peso". Uno, giustamente, è invogliato a pensare che le cose costino poco. Io, per lo meno, l'ho pensato. Macchè. I capi non sono carissimi, va bene, ma non si fa certamente l'affarone. Qualcosa di carino, sotto sotto, lo si può scovare: io ho trovato (e lasciato lì) una giacca di Cavalli a quadretti (seppur Cavalli non sia proprio il mio genere, ma quella giacca...) e un paio di stivaletti di Veronique Branquino. Rispettivamente 220 e 160 euro, troppo per le mie povere tasche già prosciugate da Trenitalia. Non contenta sono andata al reparto uomo, dove stavo per comprare una t-shirt bianca semplicissima di Thierry Mugler a 35 euro. In effetti non era niente di che, aveva solo la scritta piccola sul davanti. La targhetta all'interno era scucita da un lato e penzolava tristemente. Non che la cosa fosse irreparabile, ma mi ha dato lo sprint per riporla al suo posto ed evitare di fare un acquisto inutile.Sono uscita dal negozio amareggiata per la trasferta milanese che, sebbene le premesse ottime, non stava fruttando quanto avevo sperato. Ho superato Zara senza neanche sbirciare all'interno. Sono passata oltre GAP e Banana Republic per infilarmi dentro un Intimissimi, sperando che Milano mi avrebbe aiutata almeno a risolvere il problema sottoveste (di cui parlavo qui), prima di tuffarmi nelle viscere della città per salire sulla metro e andare in Centrale. In verità una visione celestiale mi ha risolto i problemi: un bellissimo e stilosissimo ragazzo era seduto sulle poltroncine di Intimissimi. Lo includo nel mio raggio visuale, faccio il mio solito screening completo mentre mi nascondo tra mutande e reggiseni. Poi vedo le sue buste.COS.Cavolo, COS!Sono a Milano, da sola, e non mi ricordavo che avesse aperto COS!Il tempo di fare mente locale, attivare il cervello mezzo assopito dal caldo, ricordare che lo store ha aperto in Corso Venezia, tornare verso San Babila, imboccare la via della perdizione.Non sono mai stata da COS, neanche a Londra. Il negozio di Milano si sviluppa su tre livelli, ma è poco dispersivo e molto raccolto, minimal ed essenziale, in linea con i capi proposti. Un tripudio di bianchi, neri e grigi al piano terra, abiti dalle linee pulite ed essenziali. Io, che sono una 42, ho provato varie cose taglia 36, ma mi sono resa conto che vestono un po' abbondanti. Ho lasciato il pian terreno per avventurarmi al primo piano, e scoprire i colori, coerenti con le tendenze di stagione: tenui e pastello, con qualche tocco fluo, e pochi capi con stampe. (Ma il denim dov'era?!). Avrei voluto comprare dei capi basic, tra cui una camicia bianca a maniche corte e delle t-shirt. Volevo comprare un vestito nero dritto, e invece la pagliaccia che è in me ha preso il sopravvento, come al solito. Io vorrei vestirmi come Love Aesthetic, ma alla fine cedo sempre a queste cose qui. Cerco di sopprimere il mio lato giullare per essere più Kate Lanphear, ma poi alla fine non ci riesco. E quindi sono uscita con questa:
Sono entrata fiduciosa: i capi, qui, si vendono "a peso". Uno, giustamente, è invogliato a pensare che le cose costino poco. Io, per lo meno, l'ho pensato. Macchè. I capi non sono carissimi, va bene, ma non si fa certamente l'affarone. Qualcosa di carino, sotto sotto, lo si può scovare: io ho trovato (e lasciato lì) una giacca di Cavalli a quadretti (seppur Cavalli non sia proprio il mio genere, ma quella giacca...) e un paio di stivaletti di Veronique Branquino. Rispettivamente 220 e 160 euro, troppo per le mie povere tasche già prosciugate da Trenitalia. Non contenta sono andata al reparto uomo, dove stavo per comprare una t-shirt bianca semplicissima di Thierry Mugler a 35 euro. In effetti non era niente di che, aveva solo la scritta piccola sul davanti. La targhetta all'interno era scucita da un lato e penzolava tristemente. Non che la cosa fosse irreparabile, ma mi ha dato lo sprint per riporla al suo posto ed evitare di fare un acquisto inutile.Sono uscita dal negozio amareggiata per la trasferta milanese che, sebbene le premesse ottime, non stava fruttando quanto avevo sperato. Ho superato Zara senza neanche sbirciare all'interno. Sono passata oltre GAP e Banana Republic per infilarmi dentro un Intimissimi, sperando che Milano mi avrebbe aiutata almeno a risolvere il problema sottoveste (di cui parlavo qui), prima di tuffarmi nelle viscere della città per salire sulla metro e andare in Centrale. In verità una visione celestiale mi ha risolto i problemi: un bellissimo e stilosissimo ragazzo era seduto sulle poltroncine di Intimissimi. Lo includo nel mio raggio visuale, faccio il mio solito screening completo mentre mi nascondo tra mutande e reggiseni. Poi vedo le sue buste.COS.Cavolo, COS!Sono a Milano, da sola, e non mi ricordavo che avesse aperto COS!Il tempo di fare mente locale, attivare il cervello mezzo assopito dal caldo, ricordare che lo store ha aperto in Corso Venezia, tornare verso San Babila, imboccare la via della perdizione.Non sono mai stata da COS, neanche a Londra. Il negozio di Milano si sviluppa su tre livelli, ma è poco dispersivo e molto raccolto, minimal ed essenziale, in linea con i capi proposti. Un tripudio di bianchi, neri e grigi al piano terra, abiti dalle linee pulite ed essenziali. Io, che sono una 42, ho provato varie cose taglia 36, ma mi sono resa conto che vestono un po' abbondanti. Ho lasciato il pian terreno per avventurarmi al primo piano, e scoprire i colori, coerenti con le tendenze di stagione: tenui e pastello, con qualche tocco fluo, e pochi capi con stampe. (Ma il denim dov'era?!). Avrei voluto comprare dei capi basic, tra cui una camicia bianca a maniche corte e delle t-shirt. Volevo comprare un vestito nero dritto, e invece la pagliaccia che è in me ha preso il sopravvento, come al solito. Io vorrei vestirmi come Love Aesthetic, ma alla fine cedo sempre a queste cose qui. Cerco di sopprimere il mio lato giullare per essere più Kate Lanphear, ma poi alla fine non ci riesco. E quindi sono uscita con questa:
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