In collaborazione con Umberto Genovese
Per la XX Edizione de Il Carnevale della Fisica 2011
Il Tempo è l’amico che ci accompagna per tutta la
nostra effimera Vita
che ci rammenta di vivere la bellezza di ogni istante
perché questo non ritornerà mai più …
Umby
“Cos’è dunque il Tempo?
Se nessuno me lo chiede, lo so.
Se voglio spiegarlo a uno che me lo domanda, non lo so più”.
Sant’Agostino, “Le confessioni”
Il concetto di Tempo è così integrato nel nostro sentire comune, nella nostra esperienza quotidiana che non ci rendiamo neppure conto della sua importanza.
Tra tutte le unità usate nella pratica comune per esprimere il trascorrere del tempo, “un giorno” è sicuramente quella fondamentale e senza dubbio più antica.
Per contare intervalli più lunghi di tempo fu naturale ricorrere a “una Luna”, cioè un mese.
Nel corso dei secoli furono inventati gli orologi per poter suddividere i giorni in unità più piccole e si fece ricorso al calendario per registrare il passaggio dai giorni agli anni.
Quando, circa diecimila anni fa, le primitive tribù nomadi si stabilirono in villaggi stanziali e cominciarono a dipendere interamente dall’agricoltura per il cibo, diventò fondamentale avere un calendario per pianificare il momento dell’aratura, della semina e della raccolta.
In quell’epoca storica la maggior parte dell’umanità viveva di agricoltura, di conseguenza si è sempre sentita la necessità di elaborare un calendario.
Infatti, i semi, se fossero stati piantati troppo presto, avrebbero potuto marcire. oppure i giovani germogli avrebbero potuto morire per il gelo. Se, al contrario, si fosse seminato troppo tardi, i raccolti non avrebbero potuto maturare prima dell’arrivo dell’inverno.
Perciò, la conoscenza del momento migliore per la semina e il raccolto era legata alla sopravvivenza stessa.
Coloro che si occupavano di tenere il computo del tempo e di divinare il corso futuro degli eventi, studiando attentamente le relazioni tra le attività umane e le stagioni, diventarono ben presto una casta molto potente all’interno delle neonate civiltà, ed arricchirono con linguaggi esoterici e misteriosi la loro opera.
Essi indicavano i momenti più propizi per le varie necessità umane durante l’anno creando ricorrenze periodiche che assunsero ben presto il carattere religioso. Nacquero così le prime forme di religione: interessandosi al moto del Sole, delle stelle e dei pianeti, i primi astronomi furono i sacerdoti stessi.
La costruzione di molti dei grandi edifici dell’antichità rispecchiava un preciso orientamento astronomico: le grandi piramidi egiziane e le tombe dei faraoni hanno i lati orientati esattamente lungo le direzioni Nord-Sud ed Est-Ovest.
Sembra che anche le cerchia di pietre gigantesche a Stonehenge, in Inghilterra, siano state portate in quella località nel 200 a.C. per permettere accurate osservazioni astronomiche delle posizione del Sole, della Luna e dei pianeti.
Fin dal 1000 a.C. e forse anche in precedenza, i Babilonesi [1] e gli Egizi fecero molti progressi nella misura del tempo. Anche oggi si continuano a scoprire documenti che riportano le loro osservazioni.
Così, per migliaia di anni, i moti dei corpi celesti furono osservati e registrati con molta cura. In nessun altro campo la scienza antica ha raccolto una così grande quantità di dati come per l’astronomia.
Solo agli inizi del XX secolo con la rivoluzione relativistica nella scienza abbiamo capito che il tempo è parte integrante del tessuto spaziale grazie ai lavori di Einstein [2] di Lorentz [3] e di Minkowsky [4].
Per Newton, infatti, spazio e tempo erano due assoluti rispetto ai quali si potevano definire i corpi in movimento, ma questa assunzione non poteva più essere valida nel quadro della Relatività Speciale.
Dopo l’articolo di Einstein del 1905, il matematico Hermann Minkowsky, che fu uno dei professori di Einstein, avanzò nel 1908 l’ipotesi che spazio e tempo non potessero più essere considerati separatamente ma che i loro concetti dovessero essere sostituiti da un continuo a quattro dimensioni chiamato “spazio-tempo”.
Non esiste quindi un tempo assoluto e universale, ma esistono solo i vari “tempi propri” dei vari corpi dell’Universo. Questi tempi concordano solo quando i due corpi sono a riposo l’uno relativamente all’altro e, in tal caso, il tempo trascorre per entrambi con lo stesso ritmo.
Il tempo inteso come esperienza implica sempre tre punti cardine: un prima e un presente e un futuro: a differenza delle altre tre dimensioni spaziali (lunghezza, larghezza, altezza) l’unico percorso possibile è segnato da un prima e un dopo non modificabile chiamato “Freccia del Tempo”.
Nell’Universo infatti, i fenomeni sembrano accadere in un ordine ben definito che separa nettamente il passato dal futuro, secondo un rapporto di causa ed effetto, che non può essere invertito. Dal passato non modificabile, si passa, attraverso il presente, al futuro modificabile. Esiste realmente un orientamento del tempo, o come disse Eddington, una “freccia del tempo”?
Anche se le equazioni della Relatività Ristretta non impediscono un corso temporale inverso, l’esperienza comune c’insegna che è altamente improbabile che, dopo che abbiamo fatto cadere la nostra cara e preziosa tazza della nonna piena di latte, possiamo farla tornare alle condizioni iniziali di prima dell’urto.
Allo stesso modo è praticamente impossibile che dai nostri fornelli il calore di una pentola si riversi nel fornello e questo ricarichi di butano la nostra bombola del gas.
Quando noi pensiamo allo scorrere del tempo, la prima immagine mentale che ci facciamo è quella delle lancette del nostro orologio, magari con il caratteristico ticchettio.
Molti studiosi moderni hanno individuato la direzione verso cui scorre il tempo. Per il fatto che noi ricordiamo il passato e non il futuro grazie alla memoria, è possibile definire una “Freccia del Tempo Psicologico”.
Questo cosa significa? Ritorniamo alla nostra tazza di latte che improvvisamente cade per terra e va in mille pezzi. Se questa caduta non è ancora avvenuta, noi non ne serbiamo memoria. Altrimenti staremmo ricordando il futuro!
La tazza sul tavolo rappresenta uno stato altamente ordinato, mentre i frammenti della nostra tazza sparsi per terra rappresentano uno stato disordinato con alto contenuto entropico.
Questa si chiama “Freccia Entropica” e si muove unicamente in un’unica direzione: un sistema passa sempre da uno stato ordinato ad uno disordinato aumentando la sua entropia in modo spontaneo [5].
La Freccia del Tempo termodinamico punta nella stessa direzione della Freccia Psicologica.
Dato che l’entropia è in continuo aumento, l’Universo andrà incontro a una situazione di stati sempre più disordinati. Potremmo tentare di riordinare la nostra camera, il nostro ufficio, la nostra scrivania, ma il disordine avrà la meglio sui nostri sforzi. L’entropia non diminuirà.
E questo articolo, inteso come una successione ordinata di parole, se fossimo in grado di ricordarle tutte, sarebbe una sequenza ben ordinata di informazioni, ossia uno stato di ordine e apparentemente una diminuzione di entropia. Ma l’energia persa sottoforma di calore durante la lettura e la memorizzazione di questo pezzo, ha portato ad aumentare l’entropia dell’Universo, cosa che è avvenuta anche dopo il tentativo di recuperare tutti i frammenti della nostra scodella di latte.
Noi diamo, quindi, per scontate certe esperienze fisiche che mostrano la direzione della Freccia del Tempo, che coincide esattamente con la Freccia Entropica.
Eppure, nonostante il nostro notevole progresso scientifico, ci chiediamo ancora una volta: “Il tempo è quello che si identifica nella meccanica relativistica o quello della meccanica termodinamica”?
La domanda: “Cos’è dunque il tempo” è forse la più antica delle domande, talmente antica che probabilmente è quella che ha dato origine all’epopea umana e forse ancora più importante della scoperta del fuoco.
Tra le innumerevoli forme di vita che hanno calpestato questo mondo, solo una si è distinta evolvendosi in una civiltà tecnologica.
Le formiche o le api, ad esempio, pur avendo sviluppato un tipo di società altamente gerarchizzata ed efficiente, non si possono definire intellettualmente avanzati. Alcuni primati usano strumenti rudimentali nella loro quotidianeità, mentre altri animali hanno imparato approcci diversi per mangiare imparando dall’ambiente circostante, ma nessuno di questi sembra destinato a una evoluzione intellettuale come l’uomo.
Quest’ultimo, invece, ha iniziato a usare strumenti per vivere, per necessità: dal cibarsi di carogne di animale abbandonate da altri predatori l’uomo è diventato egli stesso cacciatore, da raccoglitore di frutti selvatici è diventato coltivatore. Tutto questo è stato possibile grazie alla capacità di osservazione dell’ambiente circostante.
Osservare il ciclo mestruale femminile o la gravidanza e notare la coincidenza di questi fenomeni con le fasi lunari, le messi con le stagioni, le piene periodiche dei fiumi col sorgere di alcune stelle particolari, ecc. ha spinto l’uomo verso quello che è oggi.
Con la scoperta della ciclicità dei maggiori fenomeni naturali, la linearità di particolari eventi, come ad esempio che l’ardere di un legno produce poi cenere e carbone ma mai il contrario, lo scorrere dell’acqua in un fiume, o l’alternarsi delle stagioni o delle fasi lunari spinse l’uomo a interessarsi al tempo.
Possedere la chiave del tempo e il poter anticipare gli eventi spesso diventava una questione di sopravvivenza.
Per questo nacque l’astrologia, che allora era considerata scienza, diversamente dall’astrologia dei ciarlatani di oggi.
E in questo modo, naquero le religioni e la scrittura [6]; furono eretti i maestosi monumenti megalitici culminati poi nei particolari allineamenti dei monumenti egizi proprio per capire e conoscere il Tempo, sperando di riuscire a dominarlo.
Anche allora il Tempo finì per avere una sua dualità, proprio come oggi.
Prima nacque il concetto di Tempo Circolare [7], dominato dal ripetersi degli eventi su scale temporali ampie, come i cicli lunari, le stagioni o altri fenomeni ben visibili come le eclissi [8] e i loro multipli.
Solo successivamente vide la luce l’idea di un Tempo Lineare caratterizzato dai concetti di un “prima” antecedente e di un “dopo” susseguente, di un “principio” e una “fine”, che è alla base delle attuali religioni occidentali.
Presumibilmente questo salto cognitivo avvenne in Africa circa 6000 anni fa durante l’Olocene, nel momento in cui il Sahara divenne il deserto che conosciamo oggi e le periodiche migrazioni portarono alcune popolazioni verso regioni più fertili come il Basso Egitto e la Mesopotamia dove si svilupparono le civiltà egizie e sumere.
A questo punto è evidente la similitudine tra il Tempo Lineare, e le frecce del Tempo e dell’Entropia moderne: un prima e un dopo, non interscambiabili tra loro e non ripetibili come nel concetto circolare.
Per questo crediamo che l’idea di Tempo possa aver stimolato la capacità di pensiero umano come nessun altro, spingendo verso l’invenzione della scrittura e delle religioni, fino alla nascita dei miti della creazione del mondo.
Quindi “Cos’è dunque il Tempo” non è solo la domanda di Sant’Agostino, ma il motore dell’umanità.
[1] La suddivisione delle ore in sessanta minuti di sessanta secondi che usiamo ancora oggi lo dobbiamo proprio ai babilonesi di 3000 anni fa
[2] Relatività Ristretta
[3] Covarianza di Lorentz
[4] Spaziotempo di Minkowsky
[5] È inutile che metta in ordine il mio studio: il grado di disordine in esso tenderà sempre a crescere nonostante gli sforzi di mia moglie di convincermi del contrario (Umby)
[6] L’Osso di Ishango forse era un calendario lunare, ma certamente è una delle forme più arcaiche di scrittura che ci sia mai arrivato.
[7] Il calendario Maya tanto attuale oggi per le sue -presunte – profezie, oppure l’idea mistica di ere più o meno favorevoli – la mitica Età dell’Oro appartengono a questa forma di pensiero.
[8] Un esempio è il Ciclo di Saros.
Umberto e Sabrina