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Cosa devono imparare gli editori italiani da Upworthy?

Creato il 03 dicembre 2014 da Pedroelrey

Lo scorso otto­bre il Gruppo Espresso ha lan­ciato un nuovo sito 3nz.it pen­sato per “Video virali, tren­ding topic, temi caldi social e con­te­nuti popo­lari da con­di­vi­dere e com­men­tare con gli amici” come si legge nella sua pre­sen­ta­zione su Twit­ter. Va detto che in realtà il pro­getto non si pre­fi­gura come sito di infor­ma­zione (gior­na­li­stica quan­to­meno) ed è stato avviato senza cla­mori, più come stru­mento – ci sem­bra di capire – per stu­diare moda­lità e stra­te­gie per la vira­liz­za­zione dei con­te­nuti. [Qui comun­que potete leg­gere una inter­vi­sta respon­sa­bile del pro­getto Ales­sio Balbi sul sito inglese Journalism.co.uk: Why Gruppo Espresso built a publi­shing ‘playground

Quello che imme­dia­ta­mente pos­siamo notare è che 3nz.it è sotto più di un aspetto una “foto­co­pia” di Upwor­thy, sito che ha fatto molto par­lare di sé in que­sti ultimi due anni per i numeri da capo­giro otte­nuti — 87 milioni di utenti unici il mese - sia per le cri­ti­che rice­vute in merito all’uso spre­giu­di­cato dei click-bait. Cosa fa Upwor­thy?  Ri-utilizza con­te­nuti esi­stenti (molti da video presi su You­Tube) e li “rim­pac­chetta” abil­mente con nuovi titoli stu­diati ad hoc per la con­di­vi­sione sui social media.

Ed è esat­ta­mente quello che fa, più o meno, anche 3nz.it, adot­tando del più cele­bre modello ame­ri­cano la stessa tec­nica di tito­la­zione (per dare un’idea con­fron­tate ad esem­pio que­sto titolo di Upwor­thy “Que­sto bam­bino di 4 anni fa delle cose tenere. Ma il motivo per cui le fa spezza il cuore” con que­sto di 3nz.it “L’amore puro: se avete dimen­ti­cato cosa sia, sen­tite come lo rac­con­tano i bam­bini”)  la strut­tura del sito (con immagini/articolo dispo­ste a scac­chiera e gerar­chia ridotta al minimo) e addi­rit­tura, anche lo stesso colore aran­cione che carat­te­rizza per entrambe la gra­fica e il logo.

Va detto che l’abilità straor­di­na­ria dei cura­tori di Upwor­thy è quella di sco­vare anche con­te­nuti poco visti capen­done le poten­zia­lità ren­den­doli virali a dif­fe­renza — almeno per il momento — dell’esperimento ita­liano che si con­cen­tra uni­ca­mente sul caval­care i trend topic già affer­mati (con una pro­pen­sione, ci sem­bra, alla “puc­cio­sità” melensa deci­sa­mente marcata).

Domanda: ma per­ché un gruppo edi­to­riale come l’Espresso dovrebbe guar­dare a un sito così par­ti­co­lare e non pro­pria­mente di infor­ma­zione gior­na­li­stica come Upwor­thy? Noi abbiamo pro­vato a met­tere insieme quat­tro punti che ci sem­brano fon­da­men­tali per capire un’operazione del genere e, magari, per dare lo spunto per una rifles­sione più ampia.

#1 vira­liz­zare è una cosa seria, sì pos­siamo stor­cere il naso quanto vogliamo su titoli in stile Upwor­thy gron­danti melassa buo­ni­sta, oppure sui listi­cle e gat­tini buffi di Buz­z­Feed ma il pro­cesso che c’è die­tro a que­ste ope­ra­zioni è stato messo a punto (e con­ti­nua­mente aggior­nato) in anni di ricer­che. Con­ti­nui test A/B che por­tano a con­fron­tare anche più di venti titoli diversi oltre che un’attenzione mania­cale ai minimi det­ta­gli (per­fino la dispo­si­zione dei bot­toni di con­di­vi­sione non è casuale e varia a secondo dei con­te­nuti). Per per­fe­zio­narle ed essere padroni di que­ste tec­ni­che è neces­sa­rio svi­lup­pare inter­na­mente com­pe­tenze spe­ci­fi­che con un approc­cio più da tech com­pany che da media com­pany. Tutte cose che non si improv­vi­sano dall’oggi al domani. E che nella cul­tura dei vec­chi edi­tori non sono sem­plici da intro­durre (è un aspetto che mette in risalto anche il famoso report interno del New York Times, per dire).

Certo, il pro­blema poi è come que­sti modelli e stra­te­gie pos­sano essere uti­liz­zate anche su altri con­te­nuti diversi da gat­tini buffi o “11 cani e un gatto per una coreo­gra­fia: non riu­sci­rete a smet­tere di bal­lare”. Buz­z­Feed strada facendo in que­sti anni sta sem­pre più cer­cando — non senza dif­fi­coltà — di far con­vi­vere sia con­te­nuti di puro info­tain­ment sia con­te­nuti più impe­gnati (della dop­pia “anima” di Buz­z­Feed ho scritto qui). Lo stesso fa Upwor­thy trat­tando temi legati all’impegno civile e pro­muo­vendo rac­colte fondi per cam­pa­gne uma­ni­ta­rie (dalle quali Upwor­thy trat­tiene una parte dei pro­venti). Un pro­blema che per il momento 3nz.it pro­ba­bil­mente non si pone ma che, se vorrà tra­sfe­rire le com­pe­tenze acqui­site anche nel resto del suo gruppo edi­to­riale dovrà prima o poi affron­tare (a meno che non si abbia come obbiet­tivo solo quello di fare al pro­getto un po’ di buoni numeri).

#2 cura dei con­te­nuti: Sulla neces­sità dei gior­nali di fare sem­pre più cura­tion ( e di farla bene) si è scritto molto, su que­sto aspetto Upwor­thy ha sicu­ra­mente molto da inse­gnare. Ma fare cura dei con­te­nuti cre­diamo signi­fi­chi qual­cosa di più che inven­tarsi titoli per farli fun­zio­nare su Face­book, o pren­dere con­te­nuti altrui e ripro­porli con poche varia­zioni di testo come ad esem­pio fa que­sto arti­colo di 3nz.it che tra­duce e ripro­pone in larga parte que­sto pezzo di Brain Pic­kings, cor­ret­ta­mente citato nell’incipit ma senza met­tere, a meno che ci sia sfug­gito, nem­meno un link alla fonte ori­gi­nale. Su que­sti aspetti un po’ più di etica non guasterebbe.

#3 Va dove stanno andando i tuoi let­tori: 3ntz.it da qual­che giorno ha atti­vato la pos­si­bi­lità di distri­buire i pro­pri con­te­nuti anche attra­verso Wha­tsapp, un ope­ra­zione simile l’ha fatta Buz­z­Feed, sem­pre in que­sti giorni, con un’altra piat­ta­forma WeChat. Le nuove piat­ta­forme di mes­sag­gi­stica stanno avendo un note­vole incre­mento di utenti soprat­tutto tra i gio­va­nis­simi. Ecco, rispetto alle testate tra­di­zio­nali, gli all digi­tal glo­bali (molti di loro, quanto meno) sono stati molto bravi fino ad ora a capire per tempo dove i let­tori sta­vano andando, facen­dosi tro­vare pronti ai cam­bia­menti con le quali le per­sone modi­fi­ca­vano il loro modo di con­su­mare i con­te­nuti online. Anche su que­sto i gior­nali tra­di­zio­nali hanno effet­ti­va­mente asso­luto biso­gno di recu­pe­rare il (molto) tempo perso e svi­lup­pare unità interne dedi­cate a que­ste strategie.

#4 native adver­ti­sing le pub­bli­cità native sono il for­mato che pro­spera pro­prio in siti come Upwor­thy e Buz­z­Feed pen­sati e strut­tu­rati per ospi­tarle all’interno delle loro gri­glie. Saperle ren­derle virali sui social (e in par­ti­co­lare oggi su Face­book) è asso­lu­ta­mente neces­sa­rio per pro­porle agli inve­sti­tori pub­bli­ci­tari. Credo sia abba­stanza chiaro che anche que­sto pro­getto del gruppo Espresso nasca con l’intenzione di per­fe­zio­nare que­ste tec­ni­che per uti­liz­zarle non solo su 3nz.it ma su tutte le testate del gruppo.

update: Visto che ce ne siamo occu­pati ampia­mente aggiun­giamo una que­stione rela­tiva al “doping” dei Dati Audi­web e alle aggre­ga­zioni dei dati di siti che niente hanno a che fare con l’informazione ai mag­giori quo­ti­diani ita­liani. Vogliamo spe­rare che i dati lusin­ghieri di 3nz.it non siano aggiunti in nes­sun modo a quelli della testata ammi­ra­glia del Gruppo. Non abbiamo ragione di sospet­tare e, anzi, Repub­blica ha la per­cen­tuale di inci­denza di dati aggre­gati minore rispetto a tutte le altre testate ita­liane, ma una con­ferma in que­sto senso sarebbe comun­que gradita.


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