PORT-AU-PRINCE – Il colera che non dà tregua, le difficoltà della ricostruzione, la povertà di sempre: questa era la situazione ad Haiti quando un anno fa il paese ricordò il primo anniversario del devastante terremoto del 12 gennaio 2010. Sono passati altri dodici mesi e il bilancio non è molto diverso. Anche se fornire i dati precisi è difficile, il terremoto fece più di 200 mila morti, forse 300 mila.
L’emblema della devastazione fu il crollo del Palazzo Presidenziale, anche se a finire in macerie fu circa il 60% degli uffici governativi. La scossa, violentissima, arrivò alle 16:53 locali (le 22:53 in Italia), e mise in ginocchio Port-au-Prince, capitale di quella che era – e continua a essere – la nazione più povera delle Americhe. Trentacinque maledetti secondi di orrore sulla città di 2,3 milioni di abitanti, e un destino cambiato per sempre: il mega-terremoto di magnitudo 7 mandò in frantumi non solo gran parte della capitale, ma anche l’intera economia della fragile nazione caraibica, colpendo complessivamente il 15% della popolazione, circa 2 milioni di persone.
Il sisma lasciò senza tetto 1,2 milioni di persone in tutto il paese, che occupa la metà occidentale dell’isola di Hispaniola, dove Cristoforo Colombo attraccò al termine del suo primo viaggio, nel 1492. Oggi a due anni dal terremoto, l’orizzonte di Port-au-Prince é un susseguirsi di tendopoli: circa mezzo milione di persone continuano a vivere sotto le tende. Di queste circa la metà sono bambini e l’Unicef lancia un appello: servono 24 milioni di dollari per i bisogni umanitari immediati nel 2012, attraverso cinque progetti chiave nel campo della salute, nutrizione, acqua e servizi igienico sanitari.
Ulteriori 30 milioni sono necessari per l’assistenza allo sviluppo nel lungo periodo. Pochi mesi dopo il sisma, inoltre, Haiti venne colpita da un’epidemia di colera, che ha già ucciso circa 7 mila persone e ne ha infettato circa 520 mila. Secondo stime recenti, ad Haiti solo il 2% della popolazione può usufruire di acqua potabile. Tra i mille problemi dell’isola, quello dell’epidemia è sempre in primo piano. Da tempo diverse fonti locali affermano che il colera è stato diffuso dai caschi blu nepalesi, giunti nel paese per prestare aiuto dopo il sisma. Qualche giorno fa, alcune organizzazioni locali per i diritti umani hanno puntato il dito contro l’Onu (come avviene da tempo), sostenendo che le Nazioni Unite e i caschi blu della missione ‘Minustah’ devono risarcire le vittime e i loro familiari per non aver fatto i dovuti controlli sanitari ai soldati.
La missione Onu a Haiti è d’altra parte al centro di polemiche anche a seguito della diffusione di un video shock con presunti abusi sessuali commessi da cinque militari uruguaiani contro un giovane di 18 anni. In coincidenza con il secondo anniversario del terremoto, il premier Garry Conille – vicino all’ex presidente René Preval – ha detto che quello in corso sarà l’anno in cui la ricostruzione del paese riuscirà a decollare, così come la ripresa economica. Un obiettivo certo difficile da raggiungere, anche per l’instabilità del quadro politico.
Da maggio il paese ha un nuovo presidente, il popolare cantante Michel ‘Sweet Micky’ Martelly, 50 anni, nessuna esperienza politica fino al trionfo elettorale. ‘Sweet’ vinse infatti a mani basse le presidenziali del 20 marzo, ma non è riuscito ad avere il controllo del Parlamento: una difficoltà in più per il paese più sfortunato dell’intera America Latina.
Mercoledi 11 gennaio alle 17.30 a Palazzo Valentini a Roma verra’ presentato, con il patrocinio della Provincia di Roma e promossa da Arianna Sim, la mostra fotografica e il libro edito dalla GRAFFITI.
(fonte ANSA)