Quando Joanne Kate Rowling cedette i diritti per la versione cinematografica di Harry Potter, pose una sola clausola: che i ruoli principali fossero affidati ad attori inglesi. Così che, gli otto film ricavati dai sette romanzi - otto perché l'ultimo, I doni della morte, è stato diviso in due parti - altro non sono che una carrellata di alcuni tra i più grandi attori inglesi viventi. Alan Rickman, Emma Thompson, Ralph Fiennes, Gary Oldman, Helena Bonham-Carter, Maggie Smith, Imelda Staunton, Jim Broadbent e via discorrendo.
Ho visto tutti e otto i film capendo ben poco: ciascun romanzo è una miscellanea ricchissima di personaggi, ambientazioni e vicende, molto difficili da comprimere in due o tre ore di pellicola. Ragione per cui i lettori forti di una qualunque opera fantasy difficilmente apprezzano i film che ne vengono tratti. C'è poco da discutere a riguardo: per conoscere davvero la trama di un qualunque fantasy bisogna leggerlo. Solo che a me il fantasy non piace. Mi piace però il cinema inglese.
Per questa ragione, nelle ultime due settimane, ho spento il cervello da ogni forma di lettura extra-lavorativa e ho letto in sequenza i sette romanzi di Harry Potter.
Cosa ho imparato, dicevo. Anzitutto che il fantasy continua a non entusiasmarmi troppo. Mi ha tuttavia colpito la quantità immensa di personaggi, ambientazioni e vicende di cui accennavo poco fa. Mi ha colpito il parallelismo con i film, dove La pietra filosofale ha tutta l'aria di un'opera per bambini così come comunemente la conosciamo, mentre da La camera dei segreti in poi si rientra nella tradizione della fiaba, in cui le sorellastre di Cenerentola vengono accecate dai corvi, Cappuccetto Rosso muore e la strega di Biancaneve è costretta a indossare scarpe arroventate.
Ho trovato l'opera interessante per due ragioni: la sua complessità da un lato, la community dei fan dall'altro.
Lato numero uno. Penso che il fantasy sia il genere letterario che più di tutti aiuta a capire quanto lavoro faccia un autore a monte delle proprie opere. "Più di tutti" perché il fantasy prevede un alto livello di invenzione, rispetto alla verosimiglianza di altri generi letterari, e questo lavoro dell'autore è esplicitato da personaggi, ambienti e storie che (se vogliono essere originali) difficilmente imitano in maniera organica un repertorio già consolidato.
Se è vero, come si vocifera, che J.K. Rowling raccontasse Harry Potter ai suoi figli per farli addormentare, deve aver avuto molto tempo libero per mettere insieme nomi di pozioni, mostri, incantesimi e squadre di Quidditch. Non sempre inventandoli da zero: la professoressa di Divinazione si chiama Sibilla Cooman, gli attestati G.U.F.O. e M.A.G.O. ricordano molto da vicino gli acronimi delle Giovani Marmotte, mentre l'ospedale di San Mungo è ispirato all'omonimo santo, vissuto nel VI secolo d.C. in Scozia. E così via.
In questo senso è soprattutto ammirevole il lavoro dei traduttori, che hanno dovuto reinventare in italiano nomi di personaggi, pozioni, luoghi e incantesimi.
A questo proposito, ecco il lato numero due. Ho scelto di leggere non i sette testi editi da Salani, ma le versioni tradotte dall'inglese dagli utenti dei forum di fanfictioners prima che i romanzi uscissero in Italia. Un'esperienza interessante che non avevo mai sperimentato: non sono entrata in contatto con la complessità linguistica del romanzo originario - ricco di slang e neologismi - ma ho potuto valorizzare l'opera di ragazzi anche molto giovani, che (pur girando intorno alla legalità) hanno creato community molto vive intorno a queste opere letterarie.
Che altro? Molti storceranno il naso, all'idea di dedicare alcuni giorni alla lettura in sequenza dei sette romanzi qui elencati. Di fatto ritengo che il lavoro di chi scrive, chi traduce e chi pubblica vada sempre e comunque rispettato. Quindi, non penso esista un'opera letteraria artistica che non sia degna di almeno un minimo della mia attenzione. Che poi questa opera trovi anche riscontro nei miei gusti è tutta un'altra storia.
Fermo restando che Harry Potter non mi è per nulla dispiaciuto.
E che, se proprio l'idea di leggerlo non vi attira, vale la pena di vedere i film per la ragione esposta all'inizio.
[p.s. la foto viene da qui]