Preparo il pranzo mentre una rete televisiva mi annuncia le notizie della giornata. L’Ungheria ha annunciato l’innalzamento di un muro sul confine serbo per bloccare il flusso di migranti. Mentre spero che la bile non si riversi nel riso che sto mescolando, sento che vorrei dire qualcosa, però mi vengono in mente le parole di altri. Sarà perché sono vile anche io, o perché il problema dell’immigrazione è un territorio talmente vasto che qualunque mappa topografica è, in grande o in piccolo, una costruzione dell’immaginazione: fallace, mancante, ristretta, relativa, troppo locale, troppo generica…
Hannah Arendt ci avrebbe ricordato che l’immaginazione è la facoltà (in riferimento a Kant) che ci permette di comprendere il reale, e comprendere è un processo circolare, che inizia con una precomprensione veicolata dal linguaggio comune e che ne testa, attraverso la conoscenza e l’indagine, la validità e la profondità, l’aderenza alla realtà. La mia precomprensione è il riso che cuoce per questa tavola, dove ogni giorno siede come me e la mia famiglia un uomo senegalese, un mussulmano quasi analfabeta, padre di 4 figli, che lavora e mangia con noi.
Tra il mio silenzio e il chiasso della televisione, mi vengono in mente le parole di Ascanio Celestini, scritte sul blog de Il Fatto Quotidiano, il 9 gennaio 2015, parlando di CharlieHebdo. Nell’articolo invitava a “non accettare la posizione dei commentatori europei che hanno tante risposte certe (e spesso inutili), ma incominciare a porci delle domande, fare dei distinguo, avere dubbi. E soprattutto dire, come tanti anni fa, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.”
Non sono affatto sicura che siamo in grado di dire cosa non siamo. Anche nel definirci “non -” o “anti-” la distanza tra come ci sentiamo e come ci comportiamo realmente dovrebbe farci mordere la lingua. Però Celestini ci prova. Allora riprendiamo da Montale: “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
Non vogliamo essere colonialisti,
non vogliamo produrre e vendere armi,
non vogliamo mandare i nostri militari ad ammazzare gente in giro per il mondo,
non vogliamo continuare a bombardare i morti di fame in giro per il mondo,
i soldati ci piacciono di più quando spalano il fango e fanno attraversare le vecchiette sulle strisce pedonali,
non vogliamo chiudere le frontiere ai profughi disarmati,
non vogliamo dire che questi poveracci vengono nel nostro paese per spararci addosso
perché sappiamo che assistono i nostri anziani, puliscono le scale del nostro condominio e fanno la pizza sotto casa nostra,
non vogliamo avere rapporti commerciali con paesi ricchi, arricchiti, ma schiavisti,
non vogliamo, non vogliamo, non vogliamo,
noi non vogliamo!
La coscienza può cominciare anche dal rifiuto.
Fonti:
IlFattoQuotidiano.it / BLOG / di Ascanio Celestini: Parigi, cominciamo dal rifiuto di questa nuova guerra | 9 gennaio 2015
Hannah Arendt, Comprensione e politica (le difficoltà del comprendere)1953, in Archivio Arendt 2,(2003)
L’Ungheria alza un muro contro i migranti : http://www.lastampa.it/2015/06/17/esteri/lungheria-costruir-un-muro-antiimmigrati-al-confine-con-la-serbia-nty3kDUAZ348OUHOBoEx9N/pagina.html
Immagine: Muro anti immigrazione in Bulgaria, da http://www.giornalettismo.com/archives/1715783/muro-anti-immigrazione-bulgaria/