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Cosa pensano gli psicologi laziali dell’Omosessualità?

Da Psicologiagay
 

Nel Notiziario dell’Ordine degli Psicologi del Lazio (n.3/2010-n.1/2011) è stato pubblicata l’anticipazione di una ricerca sugli atteggiamenti degli psicologi iscritti all’Ordine nei confronti dell’omosessualità e dei pazienti/clienti omosessuali.


Cosa pensano gli psicologi laziali dell’Omosessualità?

Tale ricerca è stata promossa dall’Ordine del Lazio in collaborazione con la Cattedra di Valutazione Clinica e Diagnosi della Facoltà di Psicologia 1 della Sapienza (Prof. Vittorio Lingiardi). Le risposte sono state correlate a: stato civile, età anagrafica, posizione lavorativa, fede religiosa ed orientamento politico. Prima di tutto va notata la scarsa partecipazione all’indagine: la frequenza dei partecipanti è stata inferiore al 10% degli psicologi. Di questi ben il 94,4% si dichiara eterosessuale e quasi il 3% del totale di 958 si dichiara omosessuale.

Emergono diversi risultati. In primo luogo, solo l’8% degli psicologi si sente preparato rispetto alle tematiche riguardanti l’orientamento sessuale. Inoltre, emerge un’elevata frequenza di risposte “non so”: ad esempio, quando si chiede se l’omosessualità sia una variante sana della sessualità, la percentuale di risposte “non so” supera il 9%.

Rispetto a questa domanda, un dato grave appare la percentuale di risposte negative, superiore al 15%, considerando che la comunità scientifica abbia depatologizzato l’omosessualità già nei primi anni ‘70.  Per il 44% degli psicologi, l’omosessualità sarebbe dovuta ad una mancata identificazione con il proprio ruolo di genere, secondo un’antica concezione di stampo psicoanalitico e secondo il modello pseudoscientifico delle terapie riparative, mentre il 13% dichiara di non saperlo neanche.

Gli psicologi favorevoli all’intervento psicologico di modificazione dell’orientamento omosessuale, in caso di omosessualità vissuta con disagio (egodistonica), sono quelli:
a) più giovani e più anziani;
b) favorevoli ad ipotesi eziologiche dell’omosessualità (derivante da trauma o problematiche familiari), inclini ad ipotesi biogenetiche o a concezioni patologiche dell’omosessualità (come sintomo, patologia o sviluppo psicologico incompleto);
c) che hanno la percezione di una minore preparazione sul tema delle omosessualità;
d) meno propensi a considerare validi i loro colleghi omosessuali, soprattutto come formatori e/o supervisori e) meno propensi all’approvazione di una legge che consenta l’unione civile alle coppie omosessuali
f) che non considerano gli omosessuali come buoni genitori.

Come dire che come regalo di laurea abbiano ricevuto in dono un bel pacchetto di pregiudizi infiocchettato!

In conclusione, l’Ordine ha segnalato con preoccupazione come stiano venendo meno i pilastri del codice deontologico (artt. 3,4,26) e ha ribadito la necessità di una approfondita formazione sul tema degli orientamenti sessuali per gli psicologi, siano più o meno esperti o abilitati alla psicoterapia.

Articolo a cura delle dott.sse Ilaria Peter Patrioli e Paola Biondi


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