A refrigerio di discorsi talvolta astratti o “astrusi”, a seconda dei punti di vista, propongo oggi un argomento più concreto, quale può essere la consueta pratica sociale di una semplice presa di mano. Anche in questo caso analizzeremo una triplice modalità di "dare" la mano. Qualcuno comincerà a sospettare che sia un po’ ossessionato dal numero tre. Può darsi. Fatto sta che viviamo in una realtà tridimensionale e tre sono gli stati della materia che conosciamo. Ho già fatto riferimento a una citazione di Simmel, quando il sociologo tedesco diceva che tutto ciò che è solido si fa liquido e si dissolve nell’aria (o viceversa). Anche i rapporti intersoggettivi attraversano tre “stadi”: all’inizio, si presentano allo stato “gassoso”; sono infatti abbastanza labili ed effimeri e possono svanire nel nulla, così come sono comparsi; in un secondo tempo, quando si condensano, diventano “liquidi”: assumano una loro fluidità; infine, se si solidificano assumano una struttura stabile. Questa metafora varrebbe la pena di essere approfondita. E credo che un giorno lo farò adegutamente, anche per mettere in luce tutti i significati sottesi che essa riveste.
Alla stessa tridimensionalità rimando le modalità interattive tra gli agenti sociali, quando parlo di “ambivalenza”, “deviazione”, “imprevisto”; e a tre “forze” faccio riferimento quando nel comportamento interattivo si vuole far fare (o non far fare) qualcosa a qualcuno. L’elenco potrebbe continuare, ma per non tediare oltre mi fermo qui. Torniamo allora alla semplice stretta di mano. Premetto che sull’argomento non ho letto nulla; anzi, non so neanche se esistono studi specifici sull’argomento. Suppongo senz’altro di sì, ma da quel poco che conosco riguarderanno analisi che rimandano all’ambito della comunicazione non verbale, a forme dunque di comunicazione non del tutto controllabile dagli attori. Come accade a tutti i segni non verbali la loro decodificazione si basa su un repertorio di gesti e di movimenti che ne illustrano la grammatica.
Da parte mia, invece, vorrei limitare l’argomento al semplice contatto fisico, vale a dire a quel “fluido” che si percepisce quando si viene a contatto con qualcosa; voglio dire, non ho intenzione di analizzare la “durata” della stretta di mano, l’accavallamento dei pollici, i suoi significati sociali, ecc. Ciò che a me interessa è cosa questa prima forma di contatto fisico può rivelarci dell’altro. Praticamente, come possiamo affermare che un corpo è caldo, tiepido o freddo, oppure solido, molle o liquido quando veniamo a contatto con esso così possiamo dire che X è così e così quando per la prima volta entriamo in contatto fisico. Dunque, questo esame è basato non su ciò che l’altro vuole intenzionalmente o non intenzionalmente comunicare, bensì su ciò che l’altro comunica.
Ecco, anzitutto cosa può rivelarci dell’altro il semplice gesto di dare la mano? In prima approssimazione scrivo: la sua modalità interattiva, ossia il modo in cui l’altro si relaziona. Dal momento che, secondo la mia ipotesi, la modalità interattiva diventa una costante prevalente della persona che interagisce, allora anche il modo in cui qualcuno entra in contatto con l’altro diventa una caratteristica uniforme della sua struttura personale. In altri termini, a me non interessa sapere quanto di ansioso può rivelare una stretta di mano appiccicosa, tremolante, insicura, ecc., perché ciò può dipendere dal particolare “stato d’animo” della persona, ossia dalle particolari circostanze in cui si trova ad interagire. Sì, è vero, una stretta di mano può anche comunicare lo stato d’animo di una persona, sta di fatto però che lo stato d’animo è una condizione variabile, non costante quale invece è la modalità interazionale. Come si traduce il fatto che una stretta di mano ci indica la modalità interattiva dell’altro? In pratica, ci rivela come possiamo rapportarci con l’altro all’interno di una sequenza interattiva di eventi interpersonale. Poniamo che questo primo contatto fisico ci faccia scoprire il suo stile interattivo, ossia il modo in cui solitamente egli si relaziona. Ebbene, conoscere quale sia, attraverso questo primo contatto, il suo stile interattivo ci offre la possibilità di saperci regolare al meglio negli ulteriori scambi interattivi che avremo in seguito. È come se quel primo contatto ci fornisse la traccia o la trama nel corso della quale si snoderà il nostro rapporto con l’altro, nel caso in cui la relazione avrà un seguito. Voglio dire possono anche presentarmi qualcuno, stringergli per un attimo la mano, “percepire” il suo stile interattivo, ma non rivederlo mai più. La qual cosa rimane lì. Ma se comunque le circostanze mi impongono di continuare ad avere rapporti con quella persona, ebbene sapere sulla base di quell’indizio qual è il suo stile interattivo può essermi utile, in quanto m’anticipa la direzione che la nostra relazione prenderà in seguito qualora dovesse continuare.
A questo punto il mio lettore mi chiederà impaziente: ebbene, allora rivelami questo “segreto”! Confesso che sono un po’ restio a farlo, perché conoscere questo segreto dà la possibilità di porsi in una situazione di vantaggio rispetto all’altro. Tuttavia, so che non è leale nei confronti di chi legge farlo arrivare sin qui e dirgli poi “arrivederci e grazie”. Quindi, qualcosa dovrò pur rivelare, però lo farò in modo sintetico, nel senso senza approfondire l’argomento più di tanto. Diciamo che fornisco i risultati ma non il processo che mi ha condotto ad essi. D’altro canto, ciò che dirò ognuno potrà verificarlo empiricamente. Naturalmente la verifica deve essere fatta in modo spontaneo, per non edulcorare il risultato.
Parlerò dunque di tre modalità di dare la mano:
A) dare la mano in modo assente
B) dare la mano in modo sicuro
C) dare la mano in modo morbido.
A) La presa di mano assente è quella in cui non percepiamo la struttura interiore dell’altro. La percezione che riceviamo è sentire l’altro come un invertebrato, ossia come se non avvertissimo la sua struttura scheletrica. È tipico di chi offre la mano un po’ moscia. Il fluido che s’avverte è “molle”, “gelatinoso”. Ma non lasciatevi ingannare da quel fluido: il suo stile interattivo è quello del prevaricatore/sottomesso: in pratica, è colui che compensa questa assenza di struttura interiore con una esteriore struttura solida, rigida o stabile. Insomma, è la stretta di mano di colui che vuole dominare od essere dominato. Compensa dunque la sua insicurezza strutturale costruendo le relazioni sui ruoli ben definiti di dominante/dominato. È la stretta di mano di chi domanda o offre protezione in cambio di obbedienza.
B) La presa di mano sicura è quella in cui s’avverte una forza interiore. Appartiene allo stile del competitivo/collaborativo. È la stretta di mano di chi vuole guidare (o farsi guidare) all’interno della relazione. Ciò che trasmette è una certa sicurezza interiore. Però è la stretta di mano di colui che si è “specializzato” in un determinato settore, nell’ambito del quale si sente tranquillo di agire. Non appena infatti fuoriesce dal quel settore, egli avverte immediatamente il bisogno di affidarsi a qualcuno più esperto. Finché interagisce nel suo territorio noto e conosciuto ha uno stile interattivo molto competitivo. Fuori da quel territorio ha bisogno che ci sia qualcuno che si prenda cura di Sé. Insomma è la stretta di mano di chi vuole suscitare fiducia in cambio di assistenza.
C) La presa di mano morbida, quasi carezzevole, trasmette “ambiguità”: come un guanto vellutato s’adatta alla forma della mano. È la stretta di colui che basa il suo stile interazionale sul fascino, perciò è tipica del seduttore/mimetico. In effetti, è una presa di mano che sta a metà tra una presa quasi sicura e una presa quasi molle. Il fluido morbido che s’avverte è dovuto proprio a questo effetto “budino”: né liquido né solido. È infatti la presa più “plastica”, più flessibile: sul punto di stringere ma anche sul punto di mollare. Rivela dunque il suo stile ambivalente, quello di chi si relaziona all’altro sulla linea di confine, pronto a ritirare il piede o a mettere anche l’altro nel caso in cui le cose corrispondano alle sue intenzioni. Oppure a stare in mezzo a due situazioni, senza dare all’altro l’impressione di sapere quale delle due effettivamente preferisce.
Ok, mi fermo qui…
Sono andato forse anche oltre…
Ps.: ma esiste davvero uno stile interattivo così come l’ho descritto?
Prima di rispondere a questa domanda, provate a dare la mano così e così, e dite a voi stesso cosa avvertite. Può darsi che dopo aver letto queste pagine sarete più attenti a come date la mano. Anche se cambia poco: un fluido è un fluido, come un corpo caldo è un corpo caldo. Comunque se farete più attenzione vuol dire allora che indirettamente mi date ragione. Beh, questa può essere la dimostrazione che lo stile interattivo è qualcosa di molto più concreto di quanto si possa immaginare. Chissà, magari a quel punto leggerete con maggior attenzione e meno scetticismo anche quelle analisi algebriche che ogni tanto vado spargendo in questo blog. E direte: ma, forse… chissà...
A proposito, posso dare anche qualche suggerimento: supponiamo che avete a che fare con un cliente, un utente di cui conoscete ben poco; non vi interessa conoscere qual è il suo modo di relazionarsi al prossimo? che cos'è che farà soprattutto "presa" su di lui? come potete "gestire" al meglio il rapporto con questo cliente/utente? Se si può anche saper qual è lo stile interattivo di un partner.... cosa potete aspettarvi da esso in base a questo stile... ecc. ecc.
Allora, che dite? siamo ancora nel campo delle astruserie? o cominciate a intravedere qualcosa di più concreto?
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