La risonanza magnetica funzionale (RMF) è una tecnica biomedica di neuroimaging che è diventata importante per la diagnosi, estremamente utile per la ricerca e molto popolare per la performance di visualizzazione raggiunta. Nel 2011 ha compiuto venti anni dalla prima applicazione e, sebbene sia utilizzata per valutare la funzionalità di organi o apparati, essa è comunemente associata alla valutazione dell’attività neuronale del cervello.
La RMF misura i livelli di ossigeno nella risposta emodinamica dei distretti neurali studiati. Si basa fondamentalmente sul principio che quanto più lavoro compie una regione neuronale tanto maggiore sarà l’afflusso di sangue in quell’area. A tale attività neuronale tendenzialmente corrisponde un attività cognitiva in corso.
La RMF quindi non misura direttamente la comunicazione tra neuroni, che è fatta di segnale elettrochimico, ma i cambiamenti di ossigeno contenuti nel sangue nelle varie parti del cervello.
Ad esempio: se il soggetto sta ricordando un numero di telefono, i neuroni della regione del cervello deputati a questa attività si “accendono” e richiedono un maggior contenuto di ossigeno e di glucosio apportati dal flusso sanguigno. Il cambiamento del livello di ossigeno associato con l’attività neuronale è definito “risposta BOLD” (blood oxygenation level dependent). Nelle lastre della risonanza le attivazioni dei neuroni appaiono a forma di chiazze colorate.
Gli studiosi Harris S,Jones M,Zheng Y,Berwick J. hanno effettuato una ricerca per capire meglio come si verifica l’attività neuronale registrata dalla RMF, cioè cosa contribuisce a formare la risposta BOLD. Teoricamente l’attività di una regione può essere dovuta agli input esterni, a quelli in uscita oppure all’attività interna alla regione. Insomma, le aree del cervello non sono delle isole senza collegamenti. Sembra, dalle ricerche precedenti, che l’attività in uscita non sia cruciale.
I ricercatori hanno quindi stimolato in laboratorio i baffi di un gruppo di ratti registrando con gli elettrodi la risposta BOLD dell’attività della corteccia deputata alla elaborazione percettiva dei baffi. Poi hanno somministrato il muscimol, una droga che riduce l’attività neuronale ad eccezione degli input, cioè dei segnali in entrata. Come risultato c’è stata una riduzione della risposta BOLD dell’80% in accordo con le ricerche precedenti. Quindi l’attività registrata dalla risonanza magnetica funzionale è correlata per l’80% all’attività interna della regione studiata e non dalla stimolazione esterna al baffo del ratto (responsabile solo per il 20 % ).

Insomma, se non stimolate il vostro cervello, sembra che esso non si addormenti e sia sempre a lavoro. Anzi, addirittura se non è indaffarato con attività esterne importanti una rete di regioni cerebrali (il default mode network) si attiva automaticamente in concomitanza del “sogno ad occhi aperti”. Sarebbe curioso e divertente mettere sotto risonanza uno psicologo mentre osserva le sue stesse attività neuronali. Le sue risposte BOLD indipendenti dalle influenze esterne, all’80% interne alle regioni cerebrali, fornirebbero le basi neurologiche per fare più luce sul cervello di uno psicologo!
Harris S, Jones M, Zheng Y, & Berwick J (2010). Does neural input or processing play a greater role in the magnitude of neuroimaging signals? Frontiers in neuroenergetics, 2 PMID: 20740075
