Una coppia impossibilitata alla procreazione naturale o assistita spesso giunge con un profondo dolore alla decisione di adottare. E di fronte a questa importante scelta va valutata la reale motivazione: atto d’amore o compensazione narcisistica? Cosa spinge, quindi, realmente una coppia all’adozione?
Al giorno d’oggi la maggior parte delle coppie che si rivolge al Tribunale per i minorenni non riesce a generare figli. Il desiderio di genitorialità è di solito legato a quattro funzioni:
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Difensiva contro gli impulsi che conducono alla morte;
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Gratificante poiché nel bambino si ricrea una parte dei genitori;
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Riparatrice poiché risponde alla perdita da loro subita durante lo sviluppo;
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Creativa poiché il bambino diventa espressione della loro potenzialità.
Se un genitore desidera il figlio, sarà un buon contenitore delle sue angosce, ossia riuscirà a guidarlo nella scoperta della sua parte affettiva ed emotiva; se invece il genitore ha bisogno del figlio, mostrerà di cercare in lui un appagamento dei suoi desideri. Accade sempre che al momento dell’incontro bambino e genitori siano segnati da pesanti ferite: i genitori devono attivare le risorse personali per vincere la ferita narcisistica della sterilità, perché ogni coppia si dà valore e pensa che le vanga attribuito valore anche dall’esterno solo se è capace di procreare; il bambino, invece, porta con sé il fallimento della relazione d’attaccamento materno.
La preoccupazione maggiore delle coppie adottanti è che il bambino non si affezioni mai a loro, che da grande possa voler cercare le sue radici e allontanarsi da loro, non percependosi mai realmente come loro figlio. Infatti l’adozione per una coppia rappresenta sempre, se non adeguatamente elaborata, la continua conferma del loro limite biologico, ovvero la sterilità. Proprio per evitare che l’adozione si trasformi semplicemente in una compensazione di istanze narcisistiche, divenendo quindi un semplice mezzo per appagare desideri di perfezione di una coppia come soggetto creatore, i genitori adottanti devono possedere alcuni importanti requisiti in modo tale da evitare al bambino adottato di affrontare nuovamente esperienze di abbandono e trascuratezza.
Innanzitutto i genitori devono accettare la storia e le radici del figlio in modo tale che possa essere sempre a conoscenza della sua nascita come figlio adottivo legata a quella biologica. Devono, inoltre, essere dinamici, ossia saper affrontare tutte le situazioni che si troveranno ad affrontare, e saper proteggere il bambino e sostenerlo nel suo sviluppo fisico e psichico. Viene anche valutato il sistema familiare trigenerazionale per verificare se vi sono dinamiche familiari disfunzionali che si sono riprodotte o possono riprodursi nelle varie generazioni della stessa famiglia, oltre a funzionamento e vissuto della coppia.
L’incontro è un momento cardine nel processo adottivo perché è quello in cui si inizia a plasmare la famiglia adottiva, il sistema di fiducia ed attaccamento. Il bambino si accosta all’incontro con i genitori adottivi con sentimenti ambivalenti: da una parte serenità perché ha la possibilità di avere una famiglia, dall’altra ansia e timore perché si tratta di avviare una nuova situazione. Per un bambino, infatti, è importante vivere un ambiente familiare. Nonostante posso essere maltrattante, trascurante, abusante, ciò che per lui è fondamentale è che non gli sia sconosciuto. Ecco perché spesso nei primi incontri attua dei comportamenti oppositivi, che possono essere scambiati dai genitori per atteggiamenti rifiutanti. In realtà, la finalità del bambino è quella di verificare se i suoi genitori gli sono talmente affezionati da rimanere e non fargli sperimentare ancora l’abbandono.
La coppia, al contrario, essendo stata seguita e preparata per molto tempo prima dell’incontro, lo affronta con serenità e gioia perché desidera conoscere il proprio figlio, portarlo a casa ed iniziare una nuova vita con lui. Ovviamente, il primo grande ostacolo tra bambino e coppia è l’estraneità reciproca che può essere vinta se i genitori saranno capaci, senza ansie, paure o pregiudizi, di trasmettere al loro figlio il valore positivo della diversità, la fiducia in sé, nel colore della sua pelle e nelle sue radici.
Un genitore adottivo deve essere consapevole dell’importante dell’adozione che deve essere un atto d’amore e non una propria gratificazione.
Maria Esposito
Bibliografia
Di Vita A.M., Giannone F., La famiglia che nasce (2002), Franco Angeli
Fadiga L., L’adozione (1999), Il Mulino
Petruccelli I., Petruccelli F. (a cura di), Introduzione alla psicologia giuridica (2015), Franco Angeli