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Coscienza senza materia

Creato il 26 gennaio 2014 da Straker
Nel momento in cui il nostro cervello perde le sue peculiari funzionalità, la coscienza non è più in grado di interagire con questa dimensione, stabilendo un contatto con altri piani di realtà.
Più mi accosto alla materia, più essa si allontana; più interrogo l’anima, più essa tace.
Dopo la morte attendono gli uomini cose che non sperano e neppure immaginano.
(Eraclito)
Coscienza senza materia
Il bel libro di Eben Alexander, “Milioni di farfalle” (titolo infelice nell'edizione italiana), narra un’esperienza di pre-morte. Il volume del neurochirurgo aggiunge alla letteratura sulle N.D.E. risvolti filosofici di notevole interesse. L’avventura in un mondo inesplorato spinge, infatti, l’autore a domandarsi se la coscienza individuale possa prescindere del tutto dalla materia-energia. Egli ritiene di sì, andando in rotta di collisione non solo con la maggior parte dei neuro-scienziati che, invece, vedono nella coscienza un epifenomeno del cervello, ma pure con chi cerca di elaborare teorie secondo cui la materia e la coscienza sarebbero pressoché consustanziali o interdipendenti.
La domanda di Alexander è cruciale e se ne trascina dietro altre non meno decisive. E’ necessario per la coscienza acquisire un corpo? In caso affermativo, l’assunzione di un corpo che cosa implica? Una caduta o un’evoluzione? Che ruolo ha la dimensione temporale nell’incarnazione della psiche?
Ha ragione l’autore: la sopravvivenza dell’anima, intesa come principio spirituale, contiene in sé l’esistenza di Dio e viceversa, anche se Dio va inteso in maniera molto differente da come lo descrivono le religioni positive. Comunque l’Essere è staccato dalla materia.
Mutatis mutandis, è una rivincita di Cartesio e del suo tanto esecrato dualismo, poiché la res cogitans è totalmente altra rispetto alla res extensa. Possiede, infatti, una differente natura ontologica. E’ una sostanza le cui caratteristiche fondamentali non coincidono con i tratti peculiari del mondo ilico.
Sull’altro versante ha ragione Stephen Hawking, che pur con argomentazioni più imbarazzanti che capziose, negando l’esistenza di Dio, rigetta ipso facto l’idea di un’anima in grado di sopravvivere alla disgregazione del soma. Le due affermazioni sono intercambiabili o, per lo meno, la seconda è un corollario dell’assunto.
Se, come scrive il Nostro, davvero “la coscienza è alla base di tutto”, è necessaria una rivoluzione copernicana, cambiare radicalmente il punto di osservazione ed adottare nuovi paradigmi interpretativi. In questo inedito contesto, paradossalmente emerge l’enigma della materia più del mistero riguardante la coscienza stessa. Il mito del Dio che si incarna, a questo punto, assumerebbe il significato cosmologico di una coscienza che resta inchiodata all’universo tangibile o per scelta o per un errore.
Rimangono, tra gli altri, il nodo di Gordio a proposito dell’azione dello spirito sulla materia e viceversa (sempre che non si escluda uno dei due termini), il tema abissale del libero arbitrio e la vexata quaestio del male (può il male dipendere dal libero arbitrio?). Se, però, sia pure come mera ipotesi di lavoro, accogliamo l’eventualità di una coscienza del tutto avulsa dalle restrizioni della corporeità, si apre uno spiraglio su una realtà finalmente reale.

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