Di Giancarlo Sali il 10 ottobre | ore 15 : 34 PM
Se ne parla da qualche giorno, c’è un dirigente politico siciliano che ha visto accolto il suo ricorso dalla Corte dei Conti, che gli ha assegnato una pensione da 496 mila e 139 euro lordi all’anno (con l’adeguamento al costo della vita quota 500 è davvero vicina).
Insomma l’avvocato Felice Crosta si dovrà “accontentare” di 41.600 euro al mese, 1.369 euro al giorno, oltre a tutti gli arretrati maturati, grazie ad una legge della Regione Sicilia (ricordiamo che è una regione a statuto speciale), approvata nel 2005 in pieno interregno del “Re Sole”, Salvatore Cuffaro.
Ma andiamo con ordine: alla fine del 2005 tale legge predispone questa pensione record per chi diventa direttore generale dell’Agenzia per i Rifiuti e per le Acque. A Marzo del 2006 il Crosta è eletto appunto titolare di quella carica, ed a Luglio va già in pensione. L’anno seguente il suo successore gli accorda una pensione di 219 mila euro, non tenendo conto del contenuto della neonata Legge. Il Crosta fa ricorso e vince.
Si badi bene, dal punto di vista del diritto ha ragione, ma noi ci chiediamo se una legge che riconosce una tale indennità (più del doppio per esempio anche rispetto a quella di Giorgio Napolitano), in un Paese dove si domandano sacrifici sempre più insostenibili ai ceti più deboli, ha una sua ragion d’essere?