Mettiamo le cose in chiaro: oggi non aspiro a originalità. Per niente. Del resto, anche volendo, 'sta botta di primavera fuori luogo mi ha gettata in una sorta di coma irreversibile. Di quelli che non ti salverebbe manco una dose di caffé al ginseng per endovena. E dire che stavo già facendo il countdown verso Natale, accipicchia. (Sospira. Si arrotola invano le maniche della felpa. Stacco su nero).Sì, insomma, di “regole per un corretto utilizzo dei social network”, la rete è già piena. E io certo non sono uno stratega del marketing. O una Parodi 2.0, magari. Corredata di un filo di perle mentre spiega i principi del bon ton. Macché. A dirla proprio tutta, non credo neanche che un “corretto utilizzo”, poi, esista davvero. Non se si parla di twitter, almeno. Perchè, certo, i centoquaranta caratteri impongono, con la sintesi, una chiara selezione. I concetti, le parole, la sintassi...tutto, come ovvia conseguenza, si cura un po' di più nella ricerca del retweet. Ma non sta scritto da nessuna parte che dev'essere per questo un canale di intellettuali. Né che ci si debba limitare alla battuta sarcastica. Naa. Io credo, piuttosto, che esistano diverse tipologie di twitteri. I fans che cercano il contatto con l'idolo. I commentatori assidui di serie e programmi tv. I comici improvvisati. I filosofi da citazione compulsiva. Quelli che, semplicemente, raccontano minuto per minuto i piccoli gesti della vita quotidiana. Nessuno di loro ha ragione. Nessuno ha torto. Nessuno é meglio o peggio dell'altro. Sono solo sottinsiemi che si uniscono in funzione di interessi condivisi. Sei solo tu che, in virtù dei tuoi follow, decidi da che parte ti diverte più stare. Quindi no, non sarò originale. E tantomeno mi pretendo categorica. Sono solo un'utente – francamente compulsiva – di un social network diverso da tutti gli altri. E come tale, in un giorno di finta primavera, ho scelto di stilare un elenco. Uno dei tanti, uno in più. Uno che raccolga ciò che, in quel micromondo, non andrebbe fatto mai. Con l'ovvia, dovuta e perenne premessa del Secondo Me. Poi potrete aggiungere dei punti, se vi andrà.
Cose da non fare su twitter:
- Il Fav senza previo Retweet. Insomma, è come dire a qualcuno che l'ami ma nascondere a tutti la vostra relazione. Come lodare un piatto ordinato al ristorante e non offrirne nemmeno un assaggio agli amici. E' egoistico, quasi. Il “fav” é, su twitter, il segno massimo di apprezzamento di un messaggio altrui. Un'adulazione tale che ti porta a preservarlo dal trascorrere del tempo. A radicarlo in un elenco stellato che probabilmente consulterai nei momenti di noia. Ma allora, se quello che ho scritto ti piace tanto, perchè non lo mostri anche ai tuoi amici? RT e dopo fav, sempre. Ne va dell'autostima.
- Ritwittare più di due-tre messaggi di fila dello stesso utente. Se non seguo qualcuno, ci sarà una ragione. E ritwittarmi la sua opera omnia centoquaranta caratteri per volta non servirà a farmi cambiare idea. La promozione funziona se condividi qualche suo tweet particolarmente ingegnoso a intervalli regolari di tempo. Allora sì che sarò invogliata a darci un'occhiata. Riportarli tutti di fila, invece, provoca l'effetto contrario. E priva di varietà la mia timeline.
- Postare alte quantità di tweet in uno spazio di tempo breve. Ci sono persone che si connettono ad internet per una frazione di tempo determinata. Metti un'ora, mezz'ora al giorno. E in quella mezz'ora decidono di farsi sentire vomitando contenuti a tutto spiano . Ragazzi, è più o meno la stessa cosa del punto precedente: così facendo, darete l'impressione di “monopolizzare” la timeline.
- Il “mi segui, per favore?”. Twitter si basa sul principio fondamentale per cui i contenuti che leggi sono quelli che tu stesso ti scegli. Giorno dopo giorno. In piena libertà. Chiedere di farne parte è come forzare qualcuno a guardare Maria de Filippi quando aveva già pensato di noleggiare il dvd di un film d'azione. Non è carino. Senza contare che un follow spontaneo dà molta più soddisfazione di uno dato per obbligo.
- L'esplicita richiesta del RT. Ho letto, una volta, che “il Retweet è come il bacio: si dà, non si chiede”. E, in linea di massima, sono d'accordo. Fanno ovvia eccezione le giuste cause. Campagne per l'adozione di qualche cucciolo trovato per strada, per la diffusione di iniziative benefiche o progetti di nuova uscita di qualche artista che lotta per farsi conoscere. Allora ci sta, certo. Altrimenti, però, evitate di chiedere. Se il tweet é buono, le condivisioni arriveranno da sole.
- Ritwittare i complimenti. E' un po' come vantarsi, il che è piuttosto fastidioso. Se ti seguo vuol dire che già ti apprezzo: non mi serve a nulla sapere che anche altri la pensano come me. Se invece non lo faccio, il fatto che qualcuno ti ripeta quanto sei fantastico certo non basterà a farmi cambiare idea.
- I tweet tutti in maiuscolo. D'altronde, questo è uno dei principi base dell'educazione online e della netiquette nelle sue linee generali. Scrivere in maiuscolo è gridare. E gridare è disturbare gli altri, come in un qualsiasi luogo pubblico affollato.