La retorica del “riformismo” e del “progressismo”, come ogni retorica che si
rispetti, nasconde e occulta la verità. E’ fumo negli occhi, di quello denso, del quale
ci si riempie pure la bocca nell’agone politico. Il riformismo infatti, a ben
vedere, è solo un termine per imporre, ancora una volta, la superiorità dello
Stato, e il primato della politica, sul “minore” cittadino democratico.I riformisti di ogni segno e colore, in
tal senso, sentono il bisogno di cambiare le regole del gioco affinché l’inerme cittadino, che si era
sin lì affannato per capirle (e magari, con uno sforzo d’immaginazione, ci era
persino riuscito), non comprenda infine più niente.Questo stomachevole riciclo-formismo, checché ne dicano gli
stregoni democratici, è infatti solo ed esclusivamente una modalità con cui quegli
uomini (politici, tecnici, burocrati), sopravvivono a sé stessi. Per conservarsi ognuno nel proprio ruolo e primato, non debbono
infatti permettere che il cittadino possa capire ed intromettersi nel loro
intrallazzare. E cambiano così, gattopardescamente, le forme. Innovano, si superano
lasciando tutti gli altri al palo. Cambiano le carte in tavola repentinamente, le rimescolano,
sempre e solo nel tentativo di confonderle.Come
nel gioco d’azzardo, sanno bene che alla fine il banco vince sempre: è lui, in
fondo, a fare le regole di quel “divertimento” che non diverte più nessuno.