Non so, perchè è un po' che staziona nella testa e si sa che se le cose rimangono lì molto poi marciscono un pochino! Però questa giornata iniziata con tuoni e lampi spinge a liberarsi delle zavorre.
In questi giorni ho ripensato a un episodio di tanti anni fa. Era fine maggio.
Mi ci han ricondotto una serie di coincidenze.
Prima di tutto, poco tempo fa, ho ritrovato un oggetto che conservo da allora.
Poi, per una strana coincidenza, un'amica blogger con il suo racconto.
Non sto a mettere link, chi la conosce e la segue, l'ha letta e capita. Avrei voluto dire più cose nel mio di commento, ma non era il caso. Il suo racconto mi ha fatto girare la testa (e le balle) per la rabbia mista a impotenza che sempre mi coglie davanti a certe situazioni.
Ci sono cose che credi sepolte. Interiorizzate, analizzate, capite e poi archiviate.
Ecco, non è così.
Ho pensato a lungo se fosse il caso di scriverne o no. Quanto mi avrebbe aiutata.
Ne ho parlato con veramente poche persone, ma devo dire la verità, mi hanno aiutato parecchio, soprattutto a limitare i danni della paura.
Alla fine ho deciso che avrei condiviso con voi, se vorrete leggerne. Perché ripensandoci ora ho capito di averne tratto un grande insegnamento per il futuro di mio figlio.
Avevo 11 o 12 anni. Eppure quel pomeriggio mi sembra ieri.
Vicino a casa c'era una via nuova con poche case in costruzione e tanta campagna. Di solito andavo a giocare lì, sola o con i bambini delle case vicine. Facevamo finta che quelle mura di mattoni fossero le nostre case. E le arredavamo con quello che capitava. Poi tornavano i muratori e sbaraccavano tutto.
Quello era uno di quei pomeriggi, un normalissimo pomeriggio di fine maggio. Ero lì con un'amica e una mia cuginetta più piccola. Stavamo giocando in questa casa mezzo costruita. Al piano terra però perchè avevamo il divieto di avventurarci ai piani alti su scale di dubbia sicurezza.
Ma morivamo dalla voglia di salire.
E in questo contesto che arriva lui. Un signore di mezza età che si spaccia per il proprietario della casa. E inizia con fare complice a informarsi sui nostri giochi. Si dispiace per il divieto di salire e dice che "bhè lui è un adulto e in più il proprietario della casa" e che "ci può accompagnare lui di sopra così i nostri genitori non avranno da ridire".
La classica "caramella". In fondo siamo in tre che ci può fare?
E iniziamo a salire sulla scala.
Io sono la prima, lui subito dietro. Mia cugina e l'amichetta ancora giù.
A quel punto commette l'errore di mettermi una mano (viscida mano!!) su un fianco cercando nel frattempo di allontanare le mie compagne con una scusa.
"Andate a prendere dell'acqua e dei fiori intanto che noi andiamo su, così arrediamo la cucina"
Non ha fatto in tempo a finire la frase, la sua mano intanto era scivolata un po' troppo in alto sul fianco.
Ho mangiato la foglia. Sono scappata giù per la scala driblando il porco, ho preso per mano mia cugina e ho urlato alla mia amica di venire via.
Nella fuga verso casa ho raccolto un sasso. Era quello l'oggetto che ho ritrovato chiuso in una scatolina nel sacchetto dove tengo la roba per disegnare.
Lo tengo con me da allora. Ha traslocato con me 3 volte.
Una volta a casa, ho pianto addosso a mia madre mentre mio padre andava a cercarlo. Quella maglietta non l'ho più rimessa. Per tanto tempo mi sono sentita sporca, non in colpa, ma sudicia. E ho fatto i conti con la paura. Anche mio padre e mio fratello mi facevano paura a volte.
Due giorni dopo è riuscito nel suo intento, con un'altra bambina del paese. E' stato in carcere per un po' grazie anche a quello che ho raccontato che ha tentato di fare a me.
Non so cosa mi ha salvato. Per un po' ho pensato di essere stata graziata. Ora ho capito che a salvarmi sono stati i miei genitori.
Sono stati loro che mi hanno messo in mano i mezzi per riconoscere una situazione di pericolo.
Loro non erano lì, ma io mi sono salvata da sola.
Questo voglio fare per mio figlio. Anche se mi piacerebbe tenerlo sotto una campana di vetro e proteggerlo a oltranza so che l'unico modo per farlo veramente è insegnargli a riconoscere i rischi e a valutare da solo persone e situazioni. Se ci riuscirò, sarà la mia più grande vittoria!
Cercherò anche di insegnarli il rispetto, per le altre persone, per le donne. Di prendere senza pretendere, di non abusare delle debolezze altrui. Spero veramente di riuscirci.
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