Ieri sera sono stata a Champoluc per assistere alla presentazione del libro “”Dire non dire” scritto a quattro mani dal Procuratore antimafia, Nicola Gratteri e dallo storico delle organizzazioni criminali, Antonio Nicaso. Dice Gratteri che il capo mafia si sente il padrone naturale del paese dove vive e presumibilmente dove è nato. Ogni scelta deve avere la sua approvazione. Che sia l’allestimento di un negozio o l’avvio di una qualsiasi attività imprenditoriale, il capo mafia indica al novello imprenditore quali saranno i fornitori e gli impresari che devono essere coinvolti nell’attività. Senza la sua benedizione solo minacce. Infine la morte. ll capo mafia controlla e dirige ciò che sente come una sua proprietà. Non accetta la moderna democrazia, ma rimane fermamente legato al concetto primitivo del potere conquistato con la violenza. Una violenza che sente inevitabile di fronte a quella che considera una disubbidienza contro l’ordine naturale delle cose. La libertà non è ammessa. Servire le regole è l’unica scelta possibile. La ‘ndrangheta vuole sostituire con i suoi comandamenti i principi della democrazia. Piano piano si infiltra nella buona società delle professioni. La lupara non è più appesa al muro, al suo posto un diploma di laurea. E un fatturato da capogiro. Quello del traffico di cocaina. La politica è debole. Si fa corrompere. La ‘ndrangheta controlla i voti, li dirotta sul politico più facile da maneggiare. Poi chiede appalti. Favori. Nel prossimo futuro la criminalità organizzata non avrà più bisogno di corrompere nessuno. Saranno i suoi ricchi figli, laureati e incensurati a entrare in politica. A diventare assessori e presidenti di Giunta…, a occupare fisicamente l’amministrazione e la politica senza intermediari. E solo a quel punto il concetto di criminalità cesserà di esistere. Resterà la ‘ndrangheta con le sue regole, i suoi simboli e i suoi giuramenti rimasti uguali da centovent’anni, perché come dice il suo ultimo comandamento: “E’ sempre stata così e resterà così per sempre”.
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