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Perché, dunque, questa svolta? E perché proprio ora, nel momento in cui l’antipolitica sembra vincere a mani basse e i partiti tradizionali pagano lo scotto di una montante quanto comprensibile impopolarità? Per un paio di semplici motivi.
Perché credo nella validità dell’articolo 49 della Costituzione (“Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”), nonostante l’importanza e l’indispensabilità dei movimenti e delle associazioni impegnate anch’esse sul piano concreto dell’azione politica. Anzi, è proprio a quelle esperienze (che ben conosco per una frequentazione ultraventennale) che bisogna rifarsi, per coinvolgere “la meglio gioventù” nella gigantesca opera di distruzione di un modus operandi che non ci soddisfa affatto. Con un gruppo di amici abbiamo deciso di aderire al partito democratico per trasformarlo radicalmente, perché esso non sia più ciò che è stato fino ad ora. Nel nostro piccolo, ovviamente. Non siamo così presuntuosi o sprovveduti da pensare che a Sant’Eufemia possa avere inizio una rivoluzione. Anche perché non è più tempo di rivoluzioni che si concludono con la conquista del Palazzo d’Inverno. La vera rivoluzione è lottare giorno per giorno per cambiare le cose nel luogo in cui viviamo, lavoriamo, studiamo, ci incazziamo, sorridiamo, sogniamo. Si realizza nell’esempio che si riesce a dare agli altri e nel contributo al miglioramento di quel posto, fedeli all’insegnamento della cofondatrice di Emergency, Teresa Sarti: “se ciascuno di noi facesse il suo pezzettino, ci troveremmo in un mondo più bello senza neanche accorgercene”.
Stare fuori, guardare, indignarsi e imprecare non porta a niente. Soltanto all’irrilevanza. Mentre si finisce per lasciare campo libero a coloro che nella palude ci sguazzano da sempre. Tanto per fare un esempio: l’8 dicembre si terranno le primarie per eleggere il segretario nazionale. Ogni volta che il partito democratico ha utilizzato lo straordinario strumento delle primarie ne sono successe e se ne sono sentite di tutti i colori. Ora, può darsi che da qualche parte i signori delle tessere abbiano già predisposto la farsa e che in alcuni comuni accadrà che i votanti alle primarie siano superiori al numero di coloro che alle prossime elezioni voteranno Pd. È già successo, anche a Sant’Eufemia.
Noi sentiamo il dovere di testimoniare la possibilità di un’altra strada: forse non ci sarà un’affluenza di 300, 400 o 500 elettori. Ma chi verrà, l’avrà fatto consapevolmente. E se nessuno dei candidati dovesse prendere il 100% dei voti, per noi sarà un motivo di soddisfazione. I plebisciti sono propri delle dittature, o delle elezioni taroccate.
Bisogna cominciare a proporre modelli positivi dal basso, senza perdersi in sterili discussioni sui massimi sistemi. Il resto verrà da sé. In questa fase era importante ripartire. Proprio per non offrire il destro a possibili illazioni, si è deciso di rimandare il tesseramento vero e proprio alla prossima riapertura delle iscrizioni. In quella circostanza verrà inoltre rieletto il direttivo del circolo, del quale in via provvisoria sono segretario, con Giuseppe Gentiluomo vicesegretario e Enzo Fedele tesoriere.
L’elezione di Seby Romeo a segretario provinciale del Pd ci fa ben sperare sulla possibilità di trovare a Reggio Calabria una sponda credibile e un reale interesse per l’avvio di un nuovo, trasparente e partecipato percorso politico.
Abbiamo voluto dedicare il circolo a Sandro Pertini. Al socialista e all’antifascista, all’esule e al recluso politico, al partigiano e al combattente per la libertà, al primo presidente della Repubblica veramente popolare, non più semplice notaio e grigio custode delle regole del gioco. Per avere chiara la strada che si intende imboccare, occorre sapere da dove si proviene: le nostre radici e i valori che professiamo. Noi non crediamo al qualunquismo di chi sostiene che i politici “sono tutti uguali” e che niente distingue la destra dalla sinistra. Per noi, la lezione di Norberto Bobbio è ancora valida: inclusione, integrazione, riduzione dei fattori di diseguaglianza, uguaglianza delle opportunità. I governi delle larghe intese costituiscono un’eccezione, soluzioni d’emergenza che non sbiadiscono la nostra identità, fondata sull’antifascismo, sulla Resistenza e sulla Costituzione repubblicana. Da qui bisogna partire e dalla lezione di don Lorenzo Milani: “Il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia”.
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