[Articolo pubblicato nella Webzine Sul Romanzo n. 2/2013, La difficoltà dell'inizio. Il coraggio del primo passo]
Immaginate qualsiasi attività,esperienza,lavoro, qualsiasi rapporto umano che la contraddistingue.
Ognuna di quelle cose avrà avuto un inizio, non tutte una fine. Ricordate come avete cominciato?
È stato tutto facile? Probabilmente no. Fate conto, allora, di dividere il prima dal dopo: la snervante difficoltà dell’inizio dalla rassicurante semplicità dell’arrivo. Forse, risulterà complicato segnare la linea di demarcazione tra un avvio problematico, stentato, se non addirittura al limite del dramma, e il completamento di un percorso che porta alla maturità, alla piena consapevolezza di sé, al successo personale o alla gloria. Spesso, ciò che conduce a varcare quella linea è qualcosa di sfumato, quasi impercettibile, una risorsa che neanche si sapeva di possedere.
Concentrate adesso tutto in due ore, più o meno, e prendete il cinema.
Ogni cosa suonerà più evidente, magari ampliicata, ed ecco che, dopo i grattacapi e le crisi, improvvisamente le cose si mettono bene. Happy end o finale amaro che sia, questo non conta, specie se là in mezzo, tra i titoli di testa e quelli di coda, ci mettiamo il sogno americano e lo facciamo sfiorare da uomini e donne, toccare concretamente per poi lasciarlo scappare, oppure afferrare a mani strette e non mollarlo mai più. Il cinema a stelle e strisce affonda le radici nel tempo e, attraverso pellicole spesso avvalorate dalla conquista di preziosi Oscar, dà vita sullo schermo a personaggi che incarnano quel sogno, coniati da figure veramente esistite o inventati di sana pianta.
In un'ipotetica galleria, se dovessimo concentrarci sugli esempi più rappresentativi, noteremmo per primo il precursore di questi, stipato in una fotograia in bianco e nero di un uomo col baffetto e il cappello, dallo sguardo determinato: Charles Foster Kane, il carismatico magnate di Quarto potere, esordio nel lungometraggio e capolavoro di Orson Welles. L’inizio della storia coincide in realtà con la fine e “Rosabella” risuona da più di settant’anni a questa parte come una delle parole più significative del cinema in assoluto. La fine di Kane, perso nell’inutile pomposità del suo castello, appare come un momento crepuscolare che canta l’elogio funebre della solitudine.
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