Magazine Cultura
Questo spazio di documentazione è servito a rendere pubbliche le attività prima di tutto alle famiglie, ma questo non sarebbe bastato se non avessi affiancato ai contenuti il lavoro sulla relazione scuola famiglia: un patto di fiducia reciproca nel quale ho speso parecchio tempo e investito al pari della didattica.
Premetto che alla scuola primaria è comunque facile sapere cosa fanno i bambini intanto perchè raccontano e poi perchè ci sono i quaderni e da questi si capisce molto sia in ordine al metodo che ai contenuti fino alla risposta in termini di partecipazione dell'alunno. Questo discorso cambia alla scuola media e ancor più alle superiori dove entrambi studenti e professori hanno spesso da perdonarsi vicendevolemente alcuni comportamenti, il risultato è di non riuscire a comprendere come si svolgono le giornate a scuola dei nostri figli (ne sono uscita solo di recente).
Il guaio è che da una certa età in poi si ritiene che l'interlocutore priviligiato diventi l'alunno in via esclusiva. Ma questo semmai è valso in passato non può esserlo oggi, considerato il cambiamento dell'entità dei rapporti genitori figli.
E non basta l'apertura delle scuole con attività pratiche e/o di laboratorio che possono a volte apparire più vetrina che specchio della realtà o tramite strumenti online dal quale non è più possibile prescindere, se alla base non c'è un patto educativo fatto di azioni concrete. Tali attività pur se mirate all'apertura potrebbero non agire concretamente da "legante", perchè la finalità dell'apertura altro non è che il lavorare concordemente e comunemente allo stesso obiettivo: la formazione degli alunni/figli.
Azioni- Un incontro ad inizio del percorso dove si esplicitano le modalità, dove giocando "a carte scoperte" (a suo tempo usai questa frase) si indica cosa si chiede all'alunno e alla famiglia e dove di contro la famiglia sa esattamente cosa chiedere alla scuola. E non si pensi che il POF, ormai svuotato di contenuti insieme ai finanziamenti, possa costituire il patto educativo: un patto per essere tale, integra il POF, va esplicitato faccia a faccia, se necessario va sottoscritto.
- La negoziazione di regole (sempre in presenza) con la partecipazione della famiglia, sulle modalità di impegno a casa, sullo studio e sulla valutazione del lavoro a scuola: le famiglie devono poter conoscere gli strumenti che si intendono adottare, poterli comprendere e argomentare. Se sento mia quella decisione lavorerò anche a casa affinchè possa divenire strumento educativo. Il lato tecnico decisionale rimane della scuola che in tal modo si mostra competente e adatta al ruolo.
- Quando gli alunni crescono e i comportamenti cambiano i patti vanno ri-negoziati, modulando obiettivi legati all'età, per evitare con il passare del tempo che ciascuna istituzione viaggi per strade separate. Non ha senso comportarsi sempre allo stesso modo con bambini o studenti di età diverse. Se cambiano le richieste e i bisogni questi vanno concordati (in presenza) ancora una volta con le famiglie. Questo è un momento di condivisione assai gradito per le famiglie, in quanto occasione di solidarizzare su problemi comuni.
- Un tempo gli studenti portavano a casa in visione i compiti in classe che venivano firmati dai genitori. C'è altro di più evidente di un compito e del suo esito che restituisca almeno un parte delle cose che si fanno a scuola? Anche le interrogazioni si segnavano suol diario e la famiglia le sottoscriveva. Era un modo efficace per sapere e restare collegati al quotidiano scolastico.
Queste sono alcune delle cose che mi vengono in mente in relazione ad una "scuola aperta". Più che strumenti sono accorgimenti comunicativi, esplicitazioni e dialoghi sulla scuola nel quale le famiglie sono parte attiva. Questo non comporta perdita di autorevolezza anzi al contrario il rapporto con gli alunni se ne avvantaggia. Il giocare a carte scoperte contempla la possibilità di errore, e la possibilità della buona fede. E' più impegnativo ma si corrono meno rischi di umbratilità dei comportamenti.
Rimane un punto da chiarire: in quali ore? Ci sono le ottanta ore, qualche collegio docenti in meno, che tanto è rimasto poco da decidere e più momenti con le famiglie. Sono pronta a scommettere che i genitori partecipano anche alle medie e alle superiori.
Concludendo rimane il problema della misurazione dei risultati. Di recente ho letto che facendo i test si impara a fare i test, e così è. E riprendendo un pensiero di Antonio l'apertura implica in sè il miglioramento, aggiungo che i risultati non si misurano al termine di un anno o di un quinquennio bensì all'arrivo: quanti e come ne abbiamo portati al traguardo?Articolo originale di Crescere Creativamente Puoi pubblicare i contenuti in maniera parziale e con link diretto al post. In nessun caso è consentito il link diretto al download dei materiali. Per completezza di informazione consulta i Credits o contatta l'autrice.
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