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Costruire un «umanesimo mediterraneo»

Da Agueci

La nuova proposta del vescovo Mogavero all’integrazione

«È questa la nostra missione: la Sicilia ponte tra i popoli, luogo d’incontro delle civiltà, la Sicilia come elemento che per battere l’Europa si avvicina all’Africa per congiungere queste due rive, non separate ma unite dal mare Mediterraneo, mare fra le terre».

Sono le parole forti di Mons. Mogavero, vescovo di Mazara, componente della Commissione Episcopale per le migrazioni e delegato per le migrazioni dei vescovi della Sicilia, pronunciate nei giorni scorsi al Centro Educativo Ignaziano di Palermo in occasione della presentazione del saggio storico-biografico “Trent’anni in Emigrazione” di Francesco Paolo Azzara, marsalese di nascita.

Mogavero, ha richiamato un documento del 2010 dei Vescovi italiani “Per un Paese solidale, Chiesa italiana e Mezzogiorno” nel quale si parla di nuova centralità del Mediterraneo. «C’è una nuova riscoperta – ha detto il presule - della centralità del Mediterraneo che ci appartiene e ci chiama a ruoli da protagonismo, civili ed ecclesiali, dove c’è spazio per tutti e dove nessuno deve tirarsi indietro». Ha sollecitato le Chiese del Sud perché diventino laboratorio di una nuova strategia dell’accoglienza. Dobbiamo fare tutti gli sforzi perché quello che avveniva negativamente negli anni ’60 in Svizzera, a svantaggio dei nostri emigrati, non avvenga più in avvenire. È necessario aumentare la nostra sensibilità nelle migrazioni perché la migrazione non è un accidente storico che ieri ci ha riguardato come paese che produceva emigrazione e oggi come paese che accoglie immigrazione. La migrazione è un fatto culturale permanente. Oggi, proprio perché le condizioni non sono cambiate, bisogna liberarci dai luoghi comuni e considerare però le migrazioni una risorsa. E questo non solo nel campo economico ma religioso e culturale. La presenza di umanesimi e fedi diverse sono una sfida per noi poiché interpellano la nostra e loro identità. Ecco perché le minoranze hanno paura dell’integrazione, anzi la rifiutano, perché in loro c’è il timore che una legislazione d’integrazione possa portare a un assorbimento e un appiattimento, con conseguente perdita d’identità. «L’integrazione, se si arriva a codificare, - dice il vescovo - deve essere il frutto di un’elaborazione comune nel quale non ci sia nessuna mortificazione dell’altro che è diverso da me per origine, per umanesimo, per fede». Da qui viene fuori la proposta della costruzione di un “umanesimo mediterraneo”, fatto di accoglienza, di stima, di dialogo, di solidarietà, di condivisione.

È un progetto questo che il mondo civile ed ecclesiale dovrà perseguire se vuole evitare conseguenze negative che portano ai conflitti e alle distruzioni vicendevoli.Mogavero è convinto che questa sia la strada giusta, una strada che lui chiama “profetica” perché “d’assalto”, “battagliera” e di anticipo rispetto ad altre soluzioni, anche se spesso non è compresa.

«Noi abbiamo questa funzione profetica nel Mediterraneo che dobbiamo riconoscerci ed esercitare perché è una luce che se non teniamo accesa noi, non accenderà mai nessuno».

SALVATORE AGUECI

(Pubblicato sul quotidiano “La Sicilia” del 09/02/2013 a pag. 33)


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