Magazine Diario personale
La parola lo dice da sé, il condottismo è la forma mentis più diffusa, quella secondo cui il bimbo è un selvaggio da educare, raddrizzare, rendere presentabile in società e che non ci faccia mai pensare "con te non posso andare da nessuna parte". Un bambino educato è un bambino che al 99% fa le cose per compiacere i genitori che adora, "sennò mamma piange e si dispiace". E' un bimbo che è abituato al ricatto educativo e che è bravo o è cattivo.
Quindi mio figlio non è educato.
Il modello condottista nasce dagli studi di B.F. Skinner e Iván Pávlov sull'apprendimento, secondo cui si danno regolamenti per ottenere il comportamento desiderato e schemi per verificare se è stato ottenuto.
Da metodi empirici si sono quindi sviluppate due metologie per arrivare ad una condotta determinata e analizzare il modo per ottenerla.
Un metodo è quello dello stimolo-risposta, secondo cui stimolando il bambino in una direzione ne scateniamo come risposta quello che vogliamo ottenere; il secondo è consolidare la risposta, secondo lo stimolo, cercando delle reazioni motivanti e rafforzanti per creare questa connessione nell'individuo.
In poche parole: il primo caso è quello del castigo e il secondo caso è quello del premio, in risposta allo stimolo (fa i compiti/mangia/ fa il bravo e allora avrai .... tal e tal cosa)
I metodi educativi liberi sono i famosi Montessori, Steiner, Pestalozzi, ma anche Assiris, che è nata in SudAmerica e sta arrivando in Europa... nella nostra scuola ci ispiriamo a tutti ma non ne seguiamo nessuno in particolare.
Nel mio piccolo, visto che l'educazione libera ha veramente senso a partire dai 3 anni, ho cominciato a mettere Marc sulla buona strada seguendo le poche ma chiare indicazioni dei professionisti intorno a me e soprattutto facendo lo sforzo vero di non farmi condizionare da dei preconcetti che ....ne ho, ne ho pure io.
Grazie a Raul intanto ho smesso di usare la parola "no" e chiamare Marc con varie intonazioni (acuto, grave..) come per metterlo in riga. Me lo ha proibito ed io ubbidisco.
Mi rendo conto quindi che i bambini hanno una capacità di autocontrollo e autodeterminazioni altissima, ma che fin dalla più tenera età viene schiacciata e messa sotto-controllo.
Ogni cosa è sperimentazione e gioco,, non hanno la concezione del "giusto/sbagliato" (che non dovrebbe esistere nemmeno per noi) e che può arrivare alla sfida con i genitori se vedono delle regole che non capiscono.
Mangiare.
Vestirsi.
Sporcarsi.
Toccarsi.
Anche menare.
Frustrarsi, e tanto. Specie quando vorrebbero fare qualcosa e non ci riescono e facciamo l'errore di aiutarli, sostituendoci a loro e facendo loro capire che da soli non ci riusciranno mai.
Ora che succede?
Che le mie etiche sono andate in conflitto tra loro. Eh già e che tristezza capirlo adesso.
Allora, io sono vegana e mio figlio no. Azz.
In casa sì ma mi sono resa conto in questi mesi che per me era un assoluto controsenso proibire lui di provare tutto il cibo che gli capitasse sotto al naso. Mangiamo dai nonni, mangiamo da amici e Marc ...come dirgli di no e perché?
Ho detto prima che quello che ci sta più a cuore a noi genitori "liberi" è l'autodeterminazione dei nostri figli, che decidano di vestirsi come vogliono. Certo, Marc (per ora) non ha gonne nell'armadio e non è che decide tanto, ma arriverà il giorno in cui potrà scegliere cosa mettersi. Per adesso ci fa capire bene benissimo che vuole mangiare con noi, con le posate dei grandi e bicchieri dei grandi e all'altezza dei grandi. No problem. Si ma il cosa? Finché siamo a tavola in casa può spaziare e variare tra alimenti tutti approvati, ma appena siamo fuori dai confini di casa nostra eh.... il sistema va in crash.
Ma mi rendo conto che io non sono proprietaria di mio figlio e per quanto io lo voglia proteggere allo stesso tempo devo rispettarlo. Lui alla fine prova dei cibi e non sa quello che mangia, visto come apprezza anche la terra, tra le altre cose.
Lui non ha la consapevolezza di una fetta di prosciutto e non posso proibirgli di provarla.
Ho discusso a lungo con il mio amico Davide Maccagnan che beato lui ha poco più di vent'anni e non ha figli. Quando cercavo di spiegare lui cos'è la filosofia libera (e non la capiva) mi ha detto "Ma allora tu non dovresti nemmeno obbligare tuo figlio a mangiare se non ha fame e dormire quando non ha sonno". Quando gli ho detto "Infatti Davide, sono DUE ORE che te lo sto dicendo!!" allora si è ammutolito.
Forse ha capito.
Io sono abbastanza sicura che quando Marc avrà la consapevolezza del dolore e del sangue dietro alla fettina farà in modo autonomo le sue scelte. E' un bimbo molto sensibile che si identifica con i gatti e i cani e le galline. Ma è un suo diritto arrivare a decidere da solo che non vuole mangiare carne e pesci.
Ha il diritto di fare da solo lo stesso percorso che abbiamo fatto noi, di aprire gli occhi e il cuore.
Ecco, io di certo non lo aiuto, per me le regole in cucina (ne abbiamo due e l'altra è stare attenti al fuoco delle stufe) sono sacrosante ma al di là di questo, a tavola con gli amici e parenti io non me la sento di privare Marc di una sua esperienza.
Se io glielo proibissi lo priverei -credo- di una delle esperienze di vita più importanti che una persona possa fare, davvero. Scoprire l'empatia con il resto della Natura. L'empatia non si insegna e non si impone con la forza, ma si apprende.
Non ho nemmeno scuse religiose da mettere in mezzo, ma di nuovo il problema non è la figura che ci faccio davanti agli altri (proibisco la carne e che figura ci facciamo davanti agli altri? Gliela faccio mangiare e che figura ci faccio come madre vegana?) ma la capacità di decisione che mio figlio deve sviluppare e il cibo che per i bimbi è pura ricerca e sperimentazione purtroppo non ha scampo.
Per me è un grave errore scaricare sui figli le nostre ideologie limitanti (ai loro occhi, noi se proibiamo loro di provare un alimento o un gioco li stiamo limitando, sempre).
Mentire a mio figlio?
Snocciolare ad un bebè tutti i contro della carne?
Ora, mi si può replicare che allora farò sperimentare a mio figlio l'ebrezza di attraversare la strada senza darmi la mano, ma non si tratta di questo. Si tratta, quando si è a tavola con altre persone, di assecondare il suo istinto ad imitare chi sta intorno a lui, come i nonni, le cuginette. Non è nemmeno mio diritto proibire in casa degli altri alimenti per loro normali e comunque io non sarò sempre onnipresente e non avrò sempre diritto di parola.
L'unica è aspettare e sperare.
Io mi fido di lui. L'ho fatto io!
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