Non è facile riassumere in due parole in libro del genere, se non dicendo che l’invito costante di Osho è quello di abbandonare le illusioni mentali e di conoscere se stessi. Lo fa raccontandoci delle storie, i cui personaggi sono presi da tutte le maggiori religioni, non perché lui sia “religioso”, ma proprio per farci vedere se la consapevolezza è al di là delle religioni stesse.
(…) i cosiddetti saggi non si avvicinano alla religione: l’oceano è per il fiume ciò che la religione è per l’uomo. La spiritualità presuppone la completa perdita di se stessi nell’esistenza: quella sarà per l’ego una morte estrema. Coloro che si vogliono salvare diventano degli stagni di ego, riuscendo così a non dissolversi nell’oceano dell’essenza divina.
Non è un manuale: ci dice cosa fare, ma non ci dice come. Per esempio: La prima condizione per trovare la verità è l’assenza di paura.
Per non avere paura bisogna meditare. Ma non spiega come meditare, perché questo è al di là degli scopi del libro.
La parte più bella, è quella in cui parla dell’eco. Se tu urli paura, la paura ti torna indietro. Se tu urli odio, l’odio ti torna indietro. Se tu urli menefreghismo, il menefreghismo ti torna indietro. Se tu urli critiche, disprezzo, noia, tutto ti torna indietro. Bisogna stare attenti a quello che si urla.