Che succede quando una persona, che si è formata una propria opinione su di una certa questione, scopre che i fatti su cui si è basata sono falsi, e che anzi le prove indicano l'esatto opposto di quanto crede? Razionalmente parlando, ci si attenderebbe che le prove dell'errore la convincessero a cambiare opinione, a correggerla, ma non è così.
I fatti non contano
La notizia non è recentissima, ma credo sia lo stesso molto interessante. Gli studi di Brendan Nyhan, dell'Università del Michigan, hanno preso in esame un campione di persone che avevano elaborato una propria opinione su argomenti di attualità politica attraverso le notizie date dagli organi di informazione.
In particolare gli studiosi si sono concentrati su persone con una chiara affiliazione ad una certa parte politica e vari gradi di fiducia nelle proprie opinioni. Hanno poi mostrato loro come le alcune notizie su cui erano basate le loro posizioni politiche fossero in realtà errate, e hanno misurato di quanto l'opinione delle singole persone cambiava in conseguenza a questa affermazione.
Non solo hanno scoperto che queste nuove informazioni non facevano cambiare idea alle persone, ma anzi hanno misurato un rafforzamento della posizione assunta, specie in coloro che maggiormente credevano nella validità del proprio ragionamento. I giudizi che le persone si erano formate, in altre parole, non erano minimamente scalfiti dalle smentite: una volta giunte ad avere una propria opinione su di un certo argomento, le persone scelgono di ignorare o manipolare le notizie che non combaciano con ciò che credono vero, e sono disposte ad accettare qualunque conferma della propria opinione a prescindere dalla qualità della fonte.
Le bugie grosse vivono a lungo
Siamo convinti di formare le nostre opinioni attraverso l'analisi razionale dei fatti di cui mano a mano veniamo a conoscenza, che inquadriamo razionalmente in una visione del mondo «corretta» e «basata su fatti». Su questa convinzione è normalmente basata la fiducia nelle nostre convinzioni.
La sensazione che abbiamo riguardo alle nostre opinioni, quindi, è siano razionali e provate, ma in realtà spesso stiamo operando in base alle nostre credenze più che ai fatti veri e propri, e quando ciò che crediamo non combacia con i fatti, nascono problemi seri. Possiamo naturalmente cambiare le nostre opinioni, ma lo studio condotto da Nyhan prova che non è questo il caso più frequente; le alternative sono ignorare i fatti, alterarli in modo che combacino con la nostra visione del mondo, o piuttosto accettare informazioni fasulle solo perché rientrano nel nostro schema mentale.
Il risultato finale è che le nostre convinzioni sono rafforzate sempre più dalle informazioni che abbiamo selezionato per consolidarle e siamo sempre meno disponibili ad accettare informazioni che vadano contro le nostre opinioni.
Alla base di questo meccanismo c'è la repulsione per dissonanza cognitiva che si crea nel momento in cui capiamo che quello che credevamo essere vero è in realtà falso: pur di non provare tale pena, teniamo lontana ogni occasione di doverci ricredere. E tanto più è grande l'investimento emotivo che abbiamo nella nostra visione, tanto meno saremo disposti a metterla in discussione; e tanto più ci impegneremo a ignorare, i fatti che la contraddicono, a manipolarli o reinterpretarli in modo da renderli compatibili, o semplicemente selezionarli in base al fatto che concordano con ciò in cui crediamo già.
Crediamo solo a ciò che ci dà ragione.
Questo vale in diversi ambiti, in particolare nella politica e nella fede, dove è normale avere convinzioni molto radicate e importanti. Bisogna tenerlo a mente, quando si è convinti di avere ragione, e fare uno sforzo per esaminare in maniera il più possibile oggettiva i fatti.