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Credo in un solo signore gesù cristo … fu crocifisso per noi sotto ponzio pilato, morì e fu sepolto e il terzo giorno è resuscitato secondo le scritture ed è salito al cielo

Creato il 16 giugno 2013 da Rodolfopapa
CREDO IN UN SOLO SIGNORE GESÙ CRISTO … FU CROCIFISSO PER NOI SOTTO PONZIO PILATO, MORÌ E FU SEPOLTO E IL TERZO GIORNO È RESUSCITATO SECONDO LE SCRITTURE ED È SALITO AL CIELOSe gran parte della storia dell’arte cristiana 1 si è impegnata nel raffigurare Cristo -come abbiamo già sottolineato nel precedente articolo concentrandoci sul mistero delle relazioni trinitarie e della Incarnazione del Verbo-, entro questa immensa produzione, una parte consistente è dedicata al mistero della morte e Risurrezione di nostro Signore.Una prima opera d’arte che può aiutarci nel nostro percorso è costituita dal Cenacolo di Leonardo, in cui nella raffigurazione del  momento della Istituzione della Eucaristia viene sintetizzato e alluso tutto il mistero del corpo donato e risorto. Il Cenacolo viene dipinto da Leonardo per il Convento domenicano di Santa Maria delle Grazie, con l’intento di rappresentare, in modo anche prospetticamente corretto, il reale cenacolo gerosolimitano dentro il Refettorio del Convento, in modo che il Convento stesso diventi  lo scenario per una meditazione sui racconti evangelici. Nei Vangeli è scritto che il cenacolo era un luogo al piano superiore (questo vuol dire coenaculum, corrispondente al greco anagaion), decorato e preparato per il pasto. Nell’assetto originario del pavimento, il Cenacolodipinto da Leonardo risultava al secondo piano rispetto al refettorio, come se  i frati ogni giorno mangiassero con Gesù e fossero invitati a salire spiritualmente nel suo Cenacolo. Di fronte al dipinto di Leonardo, era già stata precedentemente dipinta una Crocifissione, dal pittore  Giovanni di Montorfano. Nel fronteggiarsi delle due pitture, l’ultima cena si compie nella crocifissione, ed  i frati erano così invitati a seguire Gesù salendo anche sul Golgota.Una riflessione artistica molto illuminante sulla Santa Croce di Gesù è costituita dalla cappella Bacci in San Francesco ad Arezzo, affrescata da Piero della Francesca, in cui vengono raffigurate le  Storie della Vera Crocesecondo la narrazione che ne dà Jacopo da Varazze. Il contesto storico è tragico ed interessante: il 29 maggio 1453 i Turchi Ottomani di Maometto II prendono Costantinopoli, sbaragliando l’esercito imperiale di Costantino XI Dragazes. L’Impero Bizantino è ormai al tramonto e con esso sembrano crollare tutte le certezze sociali, economiche e politiche. In questo contesto di crisi, Piero della Francesca dipinge due battaglie: lo scontro tra Costantino e Massenzio e quello tra Eraclio e i Turchi, che si erano impossessati del pezzo di croce che la regina Elena aveva lasciato a Gerusalemme nella chiesa da lei fatta costruire sul Golgota. Piero dipinge anche la storia del ritrovamento della Santa Reliquia, ed offre la chiave di lettura di tutta l’opera nel riquadro dedicato al Sonno di Costantino, dove nel buio della notte un primo bagliore angelico porta il segno della croce nel quale egli l’indomani vincerà, e nel riquadro dedicato alla Annunciazione, in cui nello splendore della gloria l’angelo annunzia a Maria la lieta novella. Dunque la Croce di Gesù Cristo viene offerta come segno che consente di leggere il vero significato della storia. Piero evidenzia il passaggio dal mondo come luogo oscuro, brutale e di morte al mondo come luogo di luce, di gioia e di vita eterna; dallo stridore delle armi, dall’angoscia del presente opprimente, alla speranza della vita nel segno del Crocifisso, cioè di Colui che, sceso nel profondo dell’oscurità della morte, risorge glorioso e splendente nella luce del Padre. Tutto la cappella usa il linguaggio pittorico della trasformazione dal buio alla luce, dalla sofferenza alla gioia.Un’altra opera molto bella per il suo significato spirituale è costituita dalla Deposizione, attualmente conservata nella Pinacoteca Vaticana, dipinta da Caravaggio per la Chiesa di Santa Maria in Vallicella. La tela va letta proprio nel contesto del programma iconografico-liturgico d’insieme che san Filippo Neri volle per la Chiesa Nuova alla Vallicella. Nell’insieme delle navate e della cappelle risultano, infatti, rappresentati tutti i misteri del Rosario. La Deposizione di Caravaggio è collocata nella seconda cappella di destra, che in questo piano decorativo riveste un ruolo particolare. Infatti, nella prima cappella sono riconoscibili i primi quattro misteri dolorosi: la Crocifissione (dipinta da Scipione Pulzone) e, nel catino absidale, la Flagellazione, l’Incoronazione di spine e Gesù nell’orto (tutte e tre affrescate da Giovanni Lanfranco). Nella seconda il tema è meno immediato, perché non consiste solo in una narrazione, ma anche in una interpretazione: infatti il quinto mistero doloroso, la Crocifissione e morte di Cristo, è rappresentato insieme al primo mistero glorioso, la Resurrezione. Nella cappella, oltre alla Deposizione di Caravaggio, troviamo nel catino absidale affrescate le figure di David e Isaia e sull’arcone la decorazione a stucco dalla Sindone.  David è tradizionalmente proprio il cantore dei salmi in cui appare prefigurata la figura di Cristo, liberato dalla morte ed  Isaia è il profeta «dell’uomo dei dolori», la cui sofferenza e morte non sono definitive, ma addirittura abbinabili proprio alla gloria del sepolcro vuoto. Il nucleo contemplativo rappresentato nella cappella in cui opera Caravaggio è dunque proprio il mistero della morte che sfocia nella vita. La tela di Caravaggio va letta precisamente in questo contesto, e l’analisi iconografica rivela l’adeguatezza dell’artista alla complessa tematica teologica richiestagli. Egli allestisce una grande scena sacra. Cristo è sorretto da Giovanni, il discepolo amato da Gesù, e da Nicodemo, che una certa tradizione  (riportata da Atanasio bibliotecario in un testo scritto nel 872) vuole che sia il primo scultore di un crocifisso che peraltro operò molti miracoli, detto anche il crocifisso di Beirut. Caravaggio rappresenta Nicodemo a pieni nudi, con i panni semplici di un operaio e con il volto di Michelangelo Buonarroti, lo scultore per eccellenza, che a sua volta nella Pietà Bandini si era autoritratto nei panni di Nicodemo; in questo modo, Caravaggio propone una sorta di metafora dell’artista che è insieme autore e testimone oculare. L’artista cristiano ritrae ciò che ha visto con gli occhi della fede, nell’esercizio della preghiera. L’artista è devotamente sempre a piedi nudi, chino di fronte a Cristo, pietosamente raccolto nell’esercizio del proprio mestiere con le mani sporche del proprio lavoro. Notevole è anche il gruppo delle donne, con l’espressione del loro dolore, e il gesto delle braccia di Maria che contengono tutto il corpo di Gesù, quasi in una immagine della Pietà. IL corpo di Gesù pesa verso il basso, ma la composizione si alza verso l’alto grazie alle braccia delle Pie donne, quasi un annuncio di Risurrezione.Una immagine grandiosa della Risurrezione è dipinta da Piero della Francesca ancora in San Francesco in Arezzo. Piero vuole rappresentare ciò che accadde misteriosamente in quell’alba del primo giorno, prima che le pie donne arrivassero al sepolcro, mentre le guardie dormono. Rappresenta allora una possente immagine di Gesù risorto. Egli è vittorioso: nella mano destra ha il vessillo con la croce, segno appunto di vittoria, è la vittoria definitiva sulla morte.  La piaga sul costato ancora sanguina, le stimmate sulle mani sono ferite fresche. Egli raduna le vesti con la mano sinistra, e pone un piede sul sepolcro: altro segno di trionfo. «Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui» (Rm 6, 9). Il volto di Cristo è ieratico, egli è il re dell’universo. Straordinario è anche il tentativo di Giotto, nella cappella degli Scrovegni, di rappresentare l’Ascensione di Gesù. Rappresenta in basso gli apostoli in ginocchio, divisi in due gruppi insieme a Maria, mentre uno degli angeli indica Gesù, che, come su una nuvola, con le braccia alzate quasi fuoriesce dal quadro visivo. Giotto non costruisce i piani delle sfere celesti, come ci potremmo aspettare in una composizione gotica, ma si limita a farci comprendere che il luogo verso cui Gesù sta ascendendo è oltre la dimensione del quadro, fuori. Infatti, Jacopo da Varazze scrive: “Cristo ascese oltre tutti questi cieli fino al cielo supersustanziale. Che ascese al di sopra di tutti i cieli materiali si deduce da ciò che è detto nel Salmo: ‘La tua magnificenza è stata esaltata sopra i cieli’ (Sal 8,2)”.Giotto dipinge Gesù mentre ascende al cielo, tra due schiere di angeli, una alla sua destra e l’altra alla sua sinistra, questi angeli risultano come trepidanti, in movimento ordinato, ma nel contempo ondulatorio. Sopra le prime due file di angeli, si notano altre figure, che possiamo identificare “con un grande bottino di uomini” secondo le parole ancora di Jacopo da Varazze. Cristo ascende verso un luogo che è fuori del quadro visivo ma che è il centro di tutto il dipinto, è il luogo dell’arte di Giotto, è il cuore della nostra fede; ancora secondo le parole di Jacopo da Varazze: “Infatti come il Primo Adamo aprì le porte dell’Inferno così il Secondo aprì quelle del Paradiso […] L’ascensione di Cristo è il pegno della nostra ascesa; perché là dove è salito il capo c’è speranza che possa salire anche il corpo […] ‘Vado a preparare un posto per voi’ (Gv 14,2)”. 
*Rodolfo Papa, Nominato Esperto da Benedetto XVI per il XIII Sinodo dei Vescovi, Docente di Storia delle teorie estetiche Pontificia Università Urbaniana, Artista, Accademico Ordinario Pontificio, www.rodolfopapa.it , rodolfopapa.blogspot.it, [email protected].

[1]Cfr. Rodolfo Papa, Discorsi sull’arte sacra, introd. Card. A. Cañizares Llovera, Cantagalli, Siena, 2012.

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