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Credo nello spirito santo che è signore e dà la vita e procede dal padre e dal figlio e con il padre ed il figlio è adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti

Creato il 16 giugno 2013 da Rodolfopapa
 CREDO NELLO SPIRITO SANTO CHE È SIGNORE E DÀ LA VITA E PROCEDE DAL PADRE E DAL FIGLIO E CON IL PADRE ED IL FIGLIO È ADORATO E GLORIFICATO E HA PARLATO PER MEZZO DEI PROFETINel Catechismo della Chiesa Cattolica leggiamo: «“Spirito Santo”, tale è il nome proprio di colui che noi adoriamo e glorifichiamo con il Padre e il Figlio. La Chiesa lo ha ricevuto dal Signore e lo professa nel Battesimo dei suoi nuovi figli […] Gesù, quando annunzia e promette la venuta dello Spirito Santo, lo chiama “Colui che è chiamato vicino”, “advocatus” (Gv14,16.26; 15,26; 16,7) ….  “Consolatore”,… Il Signore stesso chiama lo Spirito Santo “Spirito di verità” (Gv 16,13)». (nn. 691-692). Il Catechismo ricorda anche quali sono i simboli Spirito Santo: «L'acqua. … L'unzione. … Il fuoco. … La nube e la luce…. Il sigillo  … La mano. … Il dito. … La colomba. … Il simbolo della colomba per indicare lo Spirito Santo è tradizionale nell'iconografia cristiana». (nn. 694-701). Nella storia dell’arte cristiana, troviamo innumerevoli esempi di rappresentazione dello Spirito Santo nei termini della bellezza.Potremmo innanzitutto fare riferimento ad un’opera molto famosa e spesso analizzata, sulla quale è sempre importante soffermarsi, ovvero la Trinità dipinta da Masaccio nella Chiesa di Santa Maria Novella a Firenze. Masaccio è un pittore vissuto solo 27 anni: muore, infatti, a Roma, durante un’epidemia di peste nell’estate del 1428, mentre stava dipingendo insieme a Masolino gli affreschi della cappella Brancacci nella Chiesa di San Clemente. Filippo Brunelleschi, alla notizia della sua morte afferma “Noi habbiamo fatto una grande perdita”. Dipinge l’affresco sulla Trinità a venticinque anni,  modificando con la pittura l’architettura di Santa Maria Novella. Infatti, la scena rappresentata sembra accadere sulla soglia di una cappella realmente esistente, costruendo con la prospettiva uno spazio reale, il cui punto di fuga è all’altezza degli occhi di un fedele inginocchiato. La scena è costruita intorno alla croce di Gesù Cristo, come se l’osservatore fosse ai piedi del Golgota. Ai lati di Gesù crocifisso, poco più in basso, sul pavimento della “finta” cappella, troviamo alla nostra destra Giovanni, raccolto in preghiera, che guarda verso Maria, dipinta sul lato sinistro: tutto risolta inserito nella prospettiva della salvezza, nella prospettiva dell’economia trinitaria.  Infatti, Dio Padre è  rappresentato come l’Antico dei giorni nella tradizione del libro di Daniele, e lo Spirito Santo è rappresentato in forma di colomba come nell’apparizione epifanica del Battesimo nel Giordano. Nella parte bassa, all’altezza del fedele posto in ginocchio su di un piano marmoreo, giace uno scheletro, perfettamente scarnito, e una scritta che ammonisce recitando «Io fui quel che voi siete e quel che sono voi anco sarete» e che sembra rivolta ai ricchi committenti dipinti nel piano mediano dell’opera, ma tutto acquisisce senso alla luce della Trinità, dipinta in alto, nel fornice dell’arco di trionfo.È come se Masaccio indicasse quale è il giusto punto di vista per contemplare il mistero di Dio Uno e Trino.Nell’Annunciazione di Piero della Francesca troviamo ancora la rappresentazione dello Spirito Santo come colomba, con un approfondimento delle capacità rappresentative aperte dall’uso della prospettiva. Del resto Pietro della Francesca viene ricordato da Giorgio Vasari nelle Vite (1550) in questi termini: «Egli fu studiosissimo nell’arte, e nella prospettiva valse tanto, che nessuno più di lui fu mirabile nelle cose della cognizione di Euclide, e tutti i migliori giri tirati ne’ corpi regolari egli meglio ch’altro geometra intese, et i maggiori lumi che di tal cose ci sieno, ci sono di man sua».  L’Annunciazione viene dipinta a tempera da Piero nel 1470 nella parte alta del Polittico di Perugia, realizzato per Convento delle Monache  Francescane di Sant’Antonio da Padova, dove viene conservato fino al 1810, quando fu spostato nella Galleria Nazionale dell’Umbria.Nella Annunciazione, con una struttura apparentemente semplice, Piero racconta il Mistero dell’Incarnazione proprio mediante la prospettiva. La tavola è molto semplice: l’Arcangelo Gabriele in ginocchio con un abito azzurro, le ali di colomba  ancora aperte come dopo aver planato nel suo volo di messaggero, porta le braccia incrociate al petto e guarda Maria, che dall’altra parte della tavola, in piedi con il capo un poco reclinato ha gli occhi bassi, muovendo un piccolo passo come per accennare un inchino, porta le braccia incrociate al petto come l’Arcangelo, tenendo il libro delle preghiere nella mano sinistra con l’indice come segnalibro. Le due figure sono separate da uno spazio architettonico che in un gioco di prospettive riempie completamente la superficie dipinta. Una colomba, che plana dall’alto, in un’aureola di luce dorata procede verso Maria. Per comprendere meglio il dipinto, leggiamolo insieme ai trattati spirituali che aiutano la contemplazione della narrazione evangelica e che divengono strumenti utilissimi per i predicatori: come il Zardino de oration o il Catholicon o ancora lo Specchio di fede, che sono i più famosi e diffusi alla fine del Quattrocento. Guardando a questi si può già comprendere un primo dato di carattere psicologico: Piero rappresenta con chiarezza lo stato d’animo di Maria.  Questa tradizione elenca, infatti, cinque stati d’animo che Maria vive nella “angelica confabulazione”: il primo si chiama conturbatione, il secondo cogitatione, il terzo interrogatione, il quarto humiliatione e l’ultimo meritatione. Piero sottolinea il penultimo stato d’animo, che pian piano scivola nell’ultimo, il momento nel quale Luca narra: «Maria disse:  “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. E l’angelo partì da lei». L’indice di Maria ancora segna nel salterio il salmo 39, previsto dalla liturgia dell’Annunciazione, che recita: “Ecco io vengo”. Allora guardando l’angelo comprendiamo che non è stato dipinto nell’atto di giungere, ma piuttosto  stende le ali ed è pronto a partire, mentre subito dall’alto lo Spirito Santo in forma di colomba discende su Maria per compiere quel mistero che è il centro della storia della salvezza e il centro spaziale del dipinto di Piero. Infatti,  tutta la tessitura del racconto pittorico è organizzata spiritualmente attraverso la prospettiva, convergendo l’attenzione verso lo Spirito Santo. La prospettiva, secondo Piero, è in grado di rappresentare quel particolare mistero. Tra lo spazio angelico di Gabriele e quello umano di Maria c’è una separazione, un cono prospettico, come un terzo spazio che non è definibile. Tramite questa costruzioni degli spazi, c’è l’allusione alla ferita del peccato originale, che è ferita di separazione; ma ecco che con Maria i tempi si compiono: il centro della storia è nella sua struttura architettonica costruito per accogliere il Salvatore. Quando risuona nella storia l“Eccomi” di Maria, ecco che lo spazio della separazione si ricolma di Spirito Santo. Nel grembo di Maria, Cristo è già là, non ancora visibile con gli occhi, ma presentissimo, centro della storia e centro di ogni prospettiva. Come dirà secoli dopo (1693-1702), un altro grande artista, Andrea Pozzo, a proposito della prospettiva: «tirar tutte le linee...al vero punto dell’occhio che è la Gloria di Dio».  Una bella opera pittorica che si impegna nella rappresentazione dello Spirito Santo nel contesto dell’epifania trinitaria, è il Battesimo di Cristo dipinto nel 1501 circa da Giovanni Bellini e collocato nella chiesa domenicana di Santa Corona a Vicenza  Lo schema iconografico del dipinto è quello tradizionale di origine bizantina. Al centro, sulla riva del Giordano, è posto Cristo, perfettamente frontale e in asse con il Padre, con la colomba dello Spirito Santo e con la ciotola del Battista; ai suoi lati, san Giovanni e i tre angeli con le vesti del Salvatore si trovano su due basse quinte di roccia. Alla semplice composizione si aggiungono alcuni dettagli non sempre consueti: nello sfondo desertico appaiono due castelli, una piccola pieve e, alle spalle di san Giovanni, un eremo con una figurina di anacoreta.Nel momento del Battesimo, si manifesta la Trinità: Bellini rappresenta lo Spirito Santo come una colomba ed inoltre riempie il suo dipinto di simboli trinitari, in cui lo Spirito Santo viene inserito nella dinamica trinitaria.Innanzitutto, il Battista è posto su un tappeto di trifogli. Il trifoglio, che da un unico stelo fa nascere tre foglie, è il simbolo botanico per eccellenza della Trinità, Dio uno e trino. Parimenti, dal lato opposto non vediamo i tradizionali tre angeli ma tre figure che poste sotto un albero ricordano l’apparizione di Dio ad Abramo sotto la quercia a Mamre. Queste tre figure dai volti delicati e bellissimi simboleggiano anche e contemporaneamente le tre virtù teologali: Fede Speranza e Carità. Esse recano gli abiti che Gesù si è tolto per ricevere il battesimo nel Giordano, ed una di esse, quella centrale, è inginocchiata in un dell’umiltà della seconda persona della Trinità che nella kenosis, nell’umiliazione, nell’Incarnazione si manifesta allo sguardo dell’uomo e svela le parole di Dio.Lo Spirito Santo è Persona Trinitaria, Dio si manifesta nel suo Infinito Amore come Padre, come Figlio e come Spirito Santo.

*Rodolfo Papa, Esperto della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, docente di Storia delle teorie estetiche, Pontificia Università Urbaniana, Artista, Storico dell’arte, Accademico Ordinario Pontificio. Website: www.rodolfopapa.it  Blog: http://rodolfopapa.blogspot.com  e.mail:  [email protected]  .


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